03.01.2011Alessandro Di Maio

Volorapido 2008: Parziali trasgressioni

Tornato in Italia dopo un lungo impegno di lavoro in Svizzera, non vedevo l’ora di riabbracciare Giulia, la donna che mi portavo a letto e dicevo di amare. Lei non si fece trovare e si limitava a mandare SMS in cui scriveva di essere fuori città. Quando mi convinsi di trovarmi di fronte al baratro di chi sta per essere lasciato, ricevetti una sua chiamata. Disse di essere stata in due pellegrinaggi cattolici e aver capito la necessità di cambiare vita, avvicinandosi a Dio e rompendo i ponti con un materialista come me. Aveva certamente un altro. Poiché da tempo…

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03.01.2011Alessandro Di Maio

Il cammino per raggiungere l’ambasciata USA

La mattina mi svegliavo presto per il timore di arrivare tardi in ambasciata. Mi lavavo e vestivo ponendo molta cura ad occhi, capelli, cravatta, e soprattutto al contenuto della borsa in pelle che mi portavo appresso. Partire presto era diventato quasi un piacere: riuscivo a svegliarmi prestissimo senza essere esageratamente addormentato, riuscendo addirittura a salutare chi mi salutava e sorridere quando capitava. Lasciato l’appartamento m’incamminavo sempre per la stazione metropolitana di San Maria del Soccorso, alle volte riuscivo a prendere anche la navetta che raccoglie i pendolari del quartiere per portarli alla stazione. Durante quelle mattine il sole rimaneva basso, coperto dagli edifici del quartiere. L’aria era fresca. Ogni tanto pioveva e il vento, gelido e duro, ossidava le mani, soprattutto quella che teneva la borsa.

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03.01.2011Alessandro Di Maio

I mille profeti si riuniscono a Roma

Poco prima dell’esordio in Ambasciata, mio padre venne a trovarmi dalla Sicilia. Con sé portava vestiti e oggetti che mi sarebbero serviti a Roma. Venne in aereo e ci ritrovammo alla stazione Termini. Quando mi vide esclamò: “con questo giaccone, questa sciarpa e questa coppola ti trovo invecchiato!” L’atmosfera che respirai in quei giorni fu lieta perché ebbi modo di camminare con mio padre per le strade di Roma, di conversarci come mai era successo prima. Rimase a Roma per tre giorni, giusto il tempo per qualche discussione su religione e politica, per godersi la città, visitare qualche museo, invitarmi a mangiare al ristorante e assistere all’Angelus del Papa. “Credi sia veramente lui alla finestra?”, gli domandai con il naso in su in direzione di un individuo vestito di bianco affacciato ad una finestra su Piazza San Pietro. “E’ talmente piccolo che potrebbe essere chiunque”, rispose mio padre sorridendo.

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03.01.2011Alessandro Di Maio

Tex e pacco bomba a Roma

Era la mattina del 9 Gennaio 2008 ed ero appena arrivato a Roma su un volo proveniente da Budapest. Mi trovavo a Roma per un periodo di lavoro all’Ufficio Stampa dell’Ambasciata degli Stati Uniti che avrei iniziato dopo cinque giorni di adattamento e riposo con cui speravo di rimettermi dai dolori al tendine d’Achille del piede destro. Quella notte non avevo dormito affatto, ma la cosa peggiore è che avrei dovuto aspettare in stazione per tutta la mattina, fino a quando la padrona di casa della stanza dove avrei risieduto per i due mesi dell’intership, fosse tornata a casa da lavoro. Per un po’ dormii accovacciato su una poltrona nera posta della sala d’aspetto della stazione. Mi ero circondato di valigie e borse per meglio tenerle sottocontrollo. Avevo male al collo e per distrarmi decisi di leggere qualcosa.

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02.01.2011Alessandro Di Maio

Ritorno a Dunaújváros

L’idea era quella di tornare a Dunaújváros e rimanerci un giorno. Ero convinto che la neve avrebbe dato alla città un aspetto diverso da quello che avevo conosciuto in autunno. Per me la città di Dunaújváros era il primo contatto con un mondo sepolto dalla Storia, l’esempio di cosa aveva fatto il socialismo dell’Europa centro-orientale. Centrale geograficamente e nella storia, Dunaújváros rappresentava lo stereotipo di una città di stampo sovietico: neve, freddo, Danubio, industrie pesanti, ciminiere fumanti, casermoni prefabbricati, luoghi ricreativi ancora detti “del popolo”, c’era tutto il necessario. Ci arrivai in auto guidando lentamente per non scivolare sulla strada ghiacciata. Mi ospitò un’anziana signora, parente di una mia amica ungherese. Era un piccolissimo ma accogliente appartamento sulla Barátság Út, la Via dell’Amicizia.

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02.01.2011Alessandro Di Maio

Hallgatásaim szent idején all’Ecseri Piac

Le coordinate GPS sono 47.4382 e 19.141, ma quel giorno freddo e leggermente illuminato da un sole troppo piccolo per farsi sentire dalla pelle del viso, non avevo né una mappa, né un indirizzo preciso, né un GPS. Avevo solo indicazioni generiche. Spinto dalla passione per i “i cosi vecchi” e per il kitch, ero deciso a raggiungere l’Ecseri Piac di Budapest, il mercatino delle pulci della capitale ungherese, secondo alcuni il più affascinante dell’Europa ad est dell’ex cortina di ferro, dopo quello di Lubiana. Per arrivarci da Nagyvàrad Tér, luogo di partenza tra Üllői út e Haller Utca, fu necessario prendere due volte la metropolitana, due tram, un autobus, chiedere informazioni a circa trenta persone, assistere ad un controllo di biglietti andato a finire male e prendere due tè caldi per resistere alle pugnalate di un freddo metallico ed affilato.

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