Zimbabwe, muore l’ultimo dei rhodesiani
Lo scorso martedì 20 Novembre l’ex Primo Ministro della Rhodesia - dal 1980 rinominata Zimbabwe - Ian Smith è morto in una clinica medica di Città del Capo, in Sud Africa. La notizia è stata comunicata alla stampa dalla cerchia più stretta di amici ed ex collaboratori, suscitando reazioni diverse non soltanto nell’ex colonia britannica ma anche in seno alla diplomazia internazionale.
Primo ministro per 15 anni, dal 1964 al 1979, Smith si rese tristemente famoso per aver lottato allo stremo al fine di mantenere al potere la minoranza bianca costituita da circa 250 mila individui, ed escludere la stragrande maggioranza della popolazione nera di etnia bantu dall’amministrazione del paese.
Già un anno dopo dal suo primo incarico di governo dichiarò unilateralmente l’indipendenza del paese dalla Gran Bretagna, la quale chiedeva aperture politiche verso la maggioranza nera in vista della concessione dell’indipendenza.
Malgrado l’isolamento internazionale del paese e le sanzioni economiche imposte dall’ONU per l’illegalità della dichiarazione d’indipendenza e lo stato di segregazione dei neri, Smith riuscì a governare il paese con il pugno duro di un ex soldato bianco deciso “a non permettere mai a nessun nero di governare la Rhodesia, nemmeno tra un migliaio di anni”.
Il regime di segregazione razziale portato avanti da Smith venne sostenuto solo dal vicino Sud Africa, anch’esso in quegli anni caratterizzato da un brutale sistema di apartheid, ma sempre più osteggiato dalla maggioranza nera fattasi guerriglia armata sotto le sigle di ZAPU (Unione del popolo africano dello Zimbabwe) e ZANU (Unione Nazionale Africana Zimbabwe) e guidata da Robert Mugabe (attuale Presidente dello Zimbabwe).
Abbandonato dalla famiglia, fuggita in Europa e dichiaratasi favorevole alla concessione dei diritti politici ai neri, nel 1979 Smith lascerà il potere in cambio di alcuni privilegi per la comunità bianca, come una serie di seggi al Parlamento.
Nel 1980, mentre dalle ceneri del sistema razzista nasceva il nuovo Zimbabwe di Robert Mugabe, Smith si insediava in Parlamento dove vi sarebbe stato fino al 1987 quando venne meno il privilegio dei seggi riservati ai bianchi.
Trasferitosi in Sud Africa e considerato da molti come il simbolo dell’epoca colonialista e razzista dell’Africa, Ian Smith collaborò con l’apartheid sudafricano continuando a muovere forti critiche alla capacità dei neri all’autogoverno, tanto da gioire quando lo Zimbabwe di Mugabe cadde nella deriva autoritaria e nella crisi economica (amplificata dal crollo della produzione agricola dovuto all’espropriazione selvaggia delle fattorie dei bianchi decisa nel 2000 dal Presidente Mugabe) che ancora lo caratterizzano.
Se in campo diplomatico la morte di Smith ha intensificato le critiche verso l’attuale presidente Mugabe, probabile partecipante al vertice euro-africano da organizzarsi a Lisbona il prossimo 9 Dicembre, in Zimbabwe si discute vivacemente sulla figura dell’ex primo ministro. Buona parte dei giovani non sanno nemmeno chi sia, i bianchi lo difendono ad oltranza mentre un numero sempre più cospicuo di neri si sofferma sul confronto con Mugabe e, nonostante la segregazione razziale della Rhodesia di Smith, riconosce a quel regime la mancanza di corruzione e povertà assoluta.
Articolo pubblicato su LaSpecula Magazine il 2 Dicembre 2007