Vienna e Budapest
Durante il mio primo viaggio a Budapest, colleghi italiani e stranieri definirono la capitale ungherese “una piccola Vienna”. Io non conoscevo ancora la città dell’Imperatore Francesco Giuseppe, così rimasi dubbioso, domandandomi se, alla luce della vicinanza storico-politica e geografica e del comune denominatore danubiano, l’accostamento fosse valido.
Quando finalmente anche io conobbi Vienna, riproposi alla mia mente la questione prendendo appunti sulla mia riflessione.
Vienna e Budapest hanno poco in comune. Hanno seguito solo un tratto di storia insieme per poi distaccarsi e crescere ognuno a suo modo. Tralasciando gli elementi più evidenti come un diverso rapporto con il grande fiume e una diversa urbanistica, Vienna appare ricca, altezzosa, regale, preoccupata, mentre Budapest si mostra una città borghese a tratti povera, spensierata, libera, romantica e passionale.
Se la prima dimentica il Danubio, la seconda ne fa il cuore della sua struttura metropolitana. Vienna, infatti, non segue i flussi del fiume, lasciato scorrere alle porte orientali della città, e pare stretta dalle morsine, da un fitto reggipetto che le impedisce di respirare. Budapest invece è ingigantita, affascinata, scandita, purificata dal grande fiume.
Vienna sembra una bambina che non corre mai, attenta a non sporcarsi il vestito. Budapest il contrario: una bambina un po’ più grande della prima, pronta a giocare, correre, sporcarsi, per il puro piacere di divertirsi, di rompere le regole, di essere la prima città-ponte tra l’est e l’ovest di un continente tutto Occidentale e per molti anni diviso.
Vienna deve parte della propria struttura urbanistica e architettonica agli scontri militari con gli Ottomani, ai loro assedi e allo status di frontiera che caratterizzava questa parte d’Europa fino al 1683 - anno della cacciata degli Ottomani dall’Europa centrale. Budapest gli Ottomani li ospitò in casa propria. Probabilmente senza volerlo, Budapest apprese le tecniche dei bagni, importanti segreti di cucina e parole che arricchirono la loro lingua.
Tratto da "Diario del viaggio dei confini orientali"
Dicembre 2007-Gennaio 2008
Questo post è stato pubblicato per la prima volta su Alexander Platz Blog il 28 Febbraio 2008