15.01.2011 Alessandro Di Maio

Vertice UE-Africa, tutto fumo e niente arrosto

Il vertice euro-africano tenutosi a Lisbona dal 7 al 9 Dicembre si è concluso con molto fumo e niente arrosto. Dovuto alla necessità di un incontro generale tra i due continenti - cosa che non avveniva dal passato meeting al Cairo di sette anni fa - il vertice ha visto la partecipazione di 27 primi ministri dell’UE e 40 presidenti africani con l’obiettivo di avviare un rinnovato rapporto politico-strategico in situazione di parità contrattuale tra il continente europeo, maggior blocco commerciale al mondo, e quello africano, di gran lunga il più povero.

La rappresentanza africana, compatta in modo inusuale, si è trovata di fronte un’Europa divisa, che ha sfoggiato la mancanza di una propria direzione centrale nella politica estera, mediante posizioni diverse che vanno dalla ‘francafrique’ francese alla generale incapacità europea di prendere posizione sul dramma somalo, passando per le ripicche inglesi nei confronti del presidente-dittatore dello Zimbabwe, Robert Mugabe, la cui presenza al meeting ha fatto disertare il premier inglese Gordon Brown.

Il documento finale del vertice promette cooperazioni tra uguali negli investimenti, nello sviluppo, nei diritti umani e nel mantenimento della pace. Ma se per i capi di Stato africani l’incontro doveva sancire definitivamente la fine di qualsiasi rapporto paternalistico tra i due continenti, per l’UE esso puntava alla compensazione della presenza cinese in Africa.

Da anni ormai Europa e Usa non sono più gli unici sbocchi commerciali dell’Africa. Al fine di procurarsi le materie prime necessarie al proprio sviluppo, la Cina è riuscita a tessere stretti legami commerciali con il continente nero, utilizzando accordi bilaterali che rispetto a quelli euro-africani sono più equi e non vincolati al rispetto dei diritti umani e dell’attività democratica dei governi africani.

A differenza dell’Occidente, la Cina non giudica i suoi contraenti, bada poco alle loro caratteristiche politiche. Prima di invadere i singoli mercati interni con prodotti di scarso livello tecnologico e di barattare le materie prime per le infrastrutture di cui il continente nero ha grande necessità, si limita a chiedere il non riconoscimento di Taiwan.

Benché l’UE sia ancora il principale partner commerciale del continente nero, non è più in grado di mantenere il controllo delle singole economie africane. La necessità di rinforzare i legami tra i due vecchi continenti, ragione del meeting di Lisbona, è però sfumata nel settarismo delle politiche estere europee e nella lunga discussione sul contenimento dell’emigrazione clandestina, nelle elemosine UE allo sviluppo dell’Africa, nella diatriba sulle partecipazioni al meeting del presidente dello Zimbabwe Mugabe e del sudanese Omar Al Bashir e nella richiesta di indennizzi per il periodo coloniale avanzata dal leader libico Muammar Gheddafi.

Nonostante i sorrisi dei capi di Stato e governo, l’unico risultato certo del meeting di Lisbona è che se ne riparlerà nel 2010, in occasione di un nuovo vertice euro-africano.

Articolo pubblicato su LaSpecula Magazine il pubblicato il 16 Dicembre 2007