Un giornalista dalla Sicilia al Medio Oriente
Dalla terra di Demetra alla terra dei profeti, dal continente Siciliano al crocevia di continenti, dal centro del Mediterraneo al centro del mondo. E’ questo il viaggio che ancora una volta mi appresto a compiere: Sicilia-Gerusalemme, (al momento) solo andata.
Oramai tutto è pronto. Aspetto solo di calpestare il suolo pietroso che tutti considerano sacro, di respirare l’aria mediterranea di Giaffa, quella frizzantina e tesa di Gerusalemme, quella greve di Gerico.
Vado nel fazzoletto di terra chiuso tra il Mediterraneo e il Mar Morto, dove le parole, le denominazioni e i libri pesano più che altrove. Mi trasferisco in una terra che alcuni chiamano Israele, altri Palestina, Terra Promessa, Terra Santa, Vicino Oriente, Medio Oriente senza sapere che una non esclude l’altra.
Se volessi fare una presentazione analitica direi che il piano è di vivere e lavorare da giornalista in Terra Santa; l’obbiettivo quello di conoscere, analizzare e scrivere sul conflitto israelo-palestinese, sulle realtà interne di ciascun popolo e sull'intera area mediorientale; il metodo l’improvvisazione e la curiosità.
In questi ultimi mesi ho fatto ciò che dovevo, chiuso ciò che andava chiuso, incontrato chi andava incontrato. Adesso parto, lascio la Sicilia, l’Italia, la famiglia, gli amici, i colleghi, per una terra ancora più ricca di contraddizioni, contrasti e perché no, ammettiamolo, rancori e pericoli della mia.
Sarà un esperienza complessa quanto un opera di pupi. Prevede già vari personaggi, motivazioni, speranze, idee, atti, e molti altri potrebbe averne in futuro. Potrei tornare domani, tra sei mesi, tra un anno o cinque oppure non tornare mai più. Potrei tornare con l’intenzione di cambiare la Sicilia o di muovermi per l’Europa del Nord o l’Australia. Non lo so, è un esperimento.
Quello che so è che è arrivato il mio momento, che ho voglia di mangiarmi il mondo e trovare la mia strada. Non so se ci riuscirò, ma caccio via la sfiducia e i toni negativi di un tempo per guardare il futuro con la stessa fiducia e sicurezza delle statue dell’Europa dell’Est e degli innamorati seduti sulla spiaggia.
Lavorare da giornalista o fotoreporter non sarà facile. I media italiani sono refrattari e già con i propri corrispondenti, quelli stranieri non mi conoscono, ma l’idea di ritagliarmi uno spazio è più viva che mai e per realizzarla seguirò uno schema da me ideato che non ha nulla da invidiare all’esattezza dei programmi pianificati di un tempo.
Con me porto le nozioni imparate a casa, a scuola e all’università, porto gli affetti, i ricordi belli e brutti, l’odore del mare e della terra bagnata dalla pioggia, la vista dell’Etna e delle Isole Eolie, il verde intenso dei monti, la disorganizzazione delle città, i fiumi secchi a valle e traboccanti d’acqua a monte.
Porto l’orgoglio di essere figlio della più grande e ricca isola del Mediterraneo, seccata dal pesante sale della mafia. Porto la mia sicilianità, uno scudo e un biglietto di ritorno che è anche un sentimento e un modo di essere e vivere frutto della mistura tra cultura europea, mediterranea e cristiana, tra lasciti greci, arabi e fenici.
E’ un esperimento, sì, un esperimento, e forse per questo mi sento di dover tranquillizzare qualcuno anticipando qui che il prossimo anno inizierò – in un Paese o in un altro, ma non di certo in Italia – un corso di studio specialistico di due anni; che nella terra dove sto andando mi aspetta affetto sincero e amicizie numerose coltivate nei tre precedenti viaggi; e che in fin dei conti sarò solo a tre ore di viaggio da casa, in una sponda del Mediterraneo, del Mare Nostrum, dove chi vi abita parla, gesticola, mangia e grida come noi.
Questo post è stato pubblicato per la prima volta su Alexander Platz Blog il 1 Novembre 2010