Torna la paura in Israele: bomba sui pendolari
Gerusalemme ricade nell’incubo degli attentati terroristici, nella paura delle bombe e degli attacchi suicidi. Ieri pomeriggio le strade della città santa si sono ricoperte di sangue a causa dell’esplosione di un pacco bomba nelle vicinanze dell’affollata stazione centrale degli autobus. Il bilancio è di un morto e trentanove feriti.
L’ordigno è esploso alle tre del pomeriggio ora locale, devastando le fermate degli autobus urbani 14 e 74, proprio nel momento in cui questi si apprestavano a far salire i pendolari. Nonostante le prime impressioni, la polizia israeliana conferma che non si è trattato di un attentato suicida, ma di una bomba nascosta in una borsa e piazzata sul marciapiede.
Il luogo dell’attentato è tra i più affollati della città. È una lunga banchina dove migliaia di persone prendono l’autobus ogni giorno, tra la stazione centrale e il Centro Conferenze “Binyanei Ha’uma” che lo scorso febbraio ha ospitato alcuni scrittori italiani, tra cui Umberto Eco.
Yitzhak Aharonovitch, ministro della sicurezza interna, ha dichiarato che l’ordigno conteneva due chilogrammi di esplosivo, cui sono state aggiunte schegge d’acciaio per ampliare il raggio d’azione e il numero dei possibili obiettivi. La detonazione sarebbe avvenuta a distanza, tramite un collegamento con un vicino traliccio della linea telefonica, e il boato si è sentito in tutta la città, creando il panico.
Ovadia Shemesh, direttore dell’ospedale “Shaare Zedek” dove sono stati immediatamente portati i feriti, ha dichiarato che la vittima è una donna di 59 anni e che la deflagrazione ha ferito due donne incinte e trentasette ragazzi e ragazze tra i 15 e i 30 anni, alcuni dei quali in modo grave.
Se l’attentato non è stato ancora rivendicato da nessuno dei gruppi terroristici, il presidente Abu Mazen e il primo ministro palestinese Salam Fayyad hanno immediatamente condannato l’attentato, dichiarando che «atti di questa natura rallentano il percorso per l’indipendenza del popolo palestinese».
L’attentato di ieri è il primo attacco esplosivo che colpisce Gerusalemme dopo tre anni di relativa quiete. Esso conferma un’escalation di violenza che nelle ultime settimane ha interessato Striscia di Gaza, Cisgiordania e Deserto del Negev, e che ieri ha raggiunto il cuore geografico del conflitto israelo-palestinese.
Due settimane fa un’intera famiglia di coloni israeliani residenti nella colonia di Itamar, a pochi chilometri da Nablus, è stata massacrata a coltellate da uno o più esponenti delle Brigate dei Martiri di al-Aqsa; questa settimana numerosi missili di tipo Grad, Katyusha e Qassam sono stati lanciati dai tetti delle case di Gaza contro le città israeliane di Askelon e Be’er Sheva; e lo scorso martedì l’esercito israeliano ha compiuto un raid nella Striscia uccidendo nove palestinesi, tra cui cinque terroristi e quattro civili.
L’attentato che ieri ha colpito Gerusalemme potrebbe essere la risposta al raid israeliano nella Striscia di Gaza, ma il timore è che lo stop al processo di pace, la crescente ostilità dei palestinesi nei confronti dei leader moderati dell’Autorità Nazionale Palestinese e l’instabilità della regione causata dalle rivolte arabe, possano riportare sul terreno la violenza indiscriminata della Seconda Intifada.
Il clima non è facile, e gli annunciati prossimi tentativi di rompere il blocco navale israeliano sulla Striscia di Gaza tramite l’invio di Flottille, non aiutano, anche a fronte del recente attraversamento del Canale di Suez da parte di due navi da guerra iraniane.
Articolo pubblicato dal quotidiano 'Libero' il 24 Marzo 2011
Photo: AP