The motherland
Scrivere e parlare dopo un lutto è difficile, si sente la necessità di ricominciare da zero, di soffermarsi sui quesiti fondamentali e interrogarsi sulla parzialità e transitorietà della vita, sul futuro delle cose e delle persone, su quanto sia giusto morire in un modo e rinascere in un altro.
So che ci sono filosofie, religioni e modi di vivere basati sulla reincarnazione. Milioni di persone in tutto il mondo scandiscono la loro vita terrena con la convinzione che, una volta terminata, se ne ripresenterà un’altra.
Mi domando quante volte sia necessario morire e rinascere per rispondere a quelle elementari fondamentali domande che l’essere umano si pone da sempre. Mi chiedo da quanti soli bisogna riscaldarsi prima di sapersi orientare tra le certezze del finito e le incertezze dell’infinito, da quanti cieli coprirsi per vivere la vita senza il timore della morte.
Percepiamo la nostra presenza come un passaggio, come se la Terra fosse una stazione ferroviaria dove si sorride a chi arriva e piange a chi parte. Probabilmente è per questo che ricordiamo ciò che viviamo, che lo facciamo nostro. Come dimenticare il volto e le mani meravigliosamente callose di un nonno duro con la moglie e dolce con i nipoti? Come dimenticare il sorriso di una nonna che vi ha cresciuti come foste sua figlia?
Dimenticare un bacio, un parola detta è possibile, ma non si può dimenticare il più bel bacio della vita, quello ricevuto su un autobus da una giovane bella quasi sconosciuta donna dalle labbra carnose. E’ inattuabile. Esso rimane come un marchio. E’ un segno indelebile, una cicatrice d’amore sulla storia.
Petali e spine sono tutti elementi accumulati per le esigenze della vita, per la quotidiana ricerca di belle sensazioni e di esperienze da aggirare.
Credo ad una vecchia storia, quella secondo cui il mio bisnonno paterno in punto di morte pensò ad alta voce all’albero in cui da diciannovenne intagliò il suo nome e quello della donna che l’avrebbe accompagnato per la vita, racchiudendoli da un cuore. Credo a questa storia come credo sia impossibile non ricordare l’onestà e la bellezza di una nipote, la simpatia di un figlio e le migliaia di persone con cui si è vissuti.
E se qualcosa si perdesse per strada come una valigia dimenticata, se domani mi svegliassi e non ricordassi più che da piccolo ho cacciato lucertole e grilli per collezionarli in barattoli di vetro o che in una festa in maschera da adolescente ho conosciuto una ragazza spagnola con il viso da corvo, non me ne accorgerei.
Bella o brutta che sia “la vida no se olvida”. Quando si parte si dimentica sempre qualcosa. A volte è una casualità, altre un proposito. Ma prima o poi, in un modo o nell’altro si torna sempre. Allora sarà come da primo giorno.
Questo post è stato pubblicato per la prima volta il 27 Febbraio 2007 su Alexander Platz Blog