Tel Aviv, “lo zio Perez spicca il volo”
Una strada impolverata costeggia il Mediterraneo lasciandosi congestionare dalle corriere che arrancano tra le case bianche dai cui gente venuta da lontano veste in canottiera e sputa in terra dai balconi. E’ la Tel Aviv di un tempo, quella vestita dai calzoni corti di un paese appena nato.
Lo scrittore israeliano Yaakov Shabtai nel suo libro pubblicato postumo “Lo zio Perez spicca il volo” (Edito da Feltrinelli) la racconta partendo dai quartieri popolari, dal profumo dei libri di preghiera e delle aringhe salate, dall’abito nero e sudicio di un nonno che pensa solo a Dio, dalle esperienze di un bimbo e dai sogni folli di un adulto alla corte dei principi di Monaco.
E’ una Tel Aviv circondata dal deserto, un centro urbano dove gli inglesi reggono il governo e gli abitanti si scandalizzano delle anormalità, vagando tra la nostalgia per l’Europa e la curiosità per nuova vita nella Terra Promessa.
Ho iniziato e portato a termine la lettura de “Lo zio Perez spicca il volo” vivendo tra il vecchio porto e il fiume Yarkon, tra i palazzi costruiti in fretta negli anni ’50 e i caffè frequentati dai giovani intellettuali.
Mi sono calato nella Tel Aviv degli anni Trenta dalla Tel Aviv di oggi, eclettica e inquinata, volgare e romanticamente ingiusta. L’ho fatto ricostruendo gli eccentrici personaggi presenti nelle novelle di Shabtai e accostandoli ai volti di chi incontro quotidianamente.
Lo zio Perez non è un uomo, ma una pluralità di uomini ostinati e pieni di vita. Sono esseri umani portatori di modernità intrappolati in manie, odi, stravaganze, progetti grandiosi e amori impossibili. Sono persone che vivono gli stessi tormenti politici, religiosi e ideologici che vive il Paese di quegli anni e che permette loro di accarezzare il sogno del sionismo e del socialismo.
Yaakov Shabtai, uno dei più promettenti narratori israeliani degli anni ’70, è morto prematuramente nel 1981, ma nelle sue poche pubblicazioni è riuscito a illustrare perfettamente la vita quotidiana di un certo mondo ebraico, e lo ha fatto fondendo con armonia musicale, ironia e malinconia, cultura e religione, storie di uomini e donne dall’elegante patina di nostalgia, innocenza, dolcezza e cattiveria.