Siria, i giornalisti sequestrati per aver filmato i ribelli
Articolo di Alessandro Di Maio pubblicato sul Quotidiano Libero il 7 Aprile 2013.
Dalla notte tra giovedì e venerdì scorso, quattro giornalisti italiani sono in stato di fermo nel nord della Siria, al confine con la Turchia, sottoposti al controllo dei miliziani di una delle forze ribelli che compongono la galassia di gruppi anti-Assad.
Da quanto dichiarato da una fonte anonima vicina ai mediatori siriani interessati alla faccenda, i quattro non sarebbero stati rapiti, come invece pubblicato da numerosi media nazionali e internazionali, ma “fermati” al fine di verificare la loro identità e la loro attività nel paese.
I quattro sono il giornalista della Rai Amedeo Ricucci, il fotografo dell’agenzia Emblema Elio Colavolpe, l’operatore Andrea Vignali e la giornalista freelance di origini italo-siriane Susan Dabbous, collaboratrice di vari quotidiani nazionali.
La troupe si trovava nella parte settentrionale della Siria da martedì 2 Aprile per realizzare dei reportage sulla vita della popolazione siriana, da due anni martoriata dalla guerra civile che contrappone l’esercito regolare del regime di Bashar al-Assad e centinaia di gruppi ribelli di varia matrice ideologica e religiosa.
I reportage dei quattro reporter avrebbero fatto parte del progetto di giornalismo partecipativo «Silenzio, si muore», messo in piedi dal programma televisivo della Rai «La Storia siamo noi» e continuazione del reportage «Aleppo 2.0» realizzato nei mesi scorsi dallo stesso giornalista Rai, Amedeo Ricucci.
Entrati in Siria da uno dei valichi di frontiera vicini alla città turca di Antiochia, i quattro giornalisti avrebbero raggiunto in automobile la località di Jabal Turkmen nella stessa giornata di martedì, per poi non essere più in grado di dare proprie notizie.
Non si conosce ancora il nome del gruppo ribelle che li ha bloccati dal proseguimento del loro lavoro, ma poiché sarebbero stati fermati tra le città di Idlib e Latakya, è assai probabile che si tratti di Jabhat al-Nusra, gruppo islamista di matrice jihadista, nato all’inizio del 2012, considerato un’organizzazione terroristica dagli Stati Uniti e determinato ad abbattere il regime di Bashar al-Assad per instaurare uno Stato basato sulla sharia, la legge islamica.
Una fonte anonima kurdo-siriana conferma le dichiarazioni rilasciate dai mediatori siriani: non si tratterebbe di sequestro, ma di un semplice blocco applicato al fine di limitare la presenza di giornalisti occidentali in una zona delicata - quella dell’angolo nord-occidentale tra Siria e Turchia - dove avverrebbe il trasferimento di armi leggere e munizioni dalla Turchia ai ribelli siriani.
Secondo i mediatori siriani in contatto con il gruppo di ribelli, i giornalisti starebbero bene, anzi, «benissimo», e si troverebbero «in un albergo nei pressi della città costiera di Latakya, da dove, nel giro di meno di venti- quattro ore, potrebbero essere rilasciati e trasportati in Turchia attraverso il valico di Kilis», a nord di Aleppo.
È in questa zona del paese che, sempre secondo la fonte anonima vicina ai mediatori siriani, si troverebbe l’attrezzatura dei giornalisti, probabilmente sequestrata dal gruppo di miliziani per il controllo del materiale video realizzato dalla troupe nelle ore precedenti il fermo. I quattro avrebbero filmato e fotografato postazioni militari dei ribelli.
La Farnesina segue dai primi momenti gli sviluppi della vicenda e l’Unità di Crisi, immediatamente attivatasi, è in contatto con i familiari dei quattro giornalisti. Dal Ministero degli Affari Esteri e dalla Rai viene l’invito a mantenere il riserbo sulla vicenda, per garantire «l’incolumità dei connazionali, priorità assoluta».
Articolo di Alessandro Di Maio pubblicato sul Quotidiano Libero il 7 Aprile 2013.
Foto: Tg24 Sky