Sei feriti, siamo in guerra anche in Libano
Sei soldati italiani sono stati feriti in seguito all’esplosione di una bomba al passaggio di un convoglio militare appartenente alla missione di pace Unifil II. Due soldati versano ancora in gravi condizioni. È il primo attacco terroristico contro le forze italiane presenti nel Libano meridionale.
L’esplosione è avvenuta sull’autostrada costiera che unisce il piccolo Paese mediorientale, 40 km a sud da Beirut, all’ingresso della città portuale di Sidone; nella striscia di terra dove un tempo passava la linea ferroviaria che collegava Gerusalemme alle grandi città libanesi e siriane.
Secondo le prime testimonianze, la bomba sarebbe stata collocata dietro la recinzione di cemento posta sul ciglio dell’autostrada che da Sidone porta a Beirut. È una strada assai trafficata, caratterizzata da code e rallentamenti che trasformano i convogli militari stranieri in bersagli facili da colpire.
In questo tratto di strada gli attentati non sono una novità. Nell’agosto del 2008, infatti, un attacco dinamitardo molto simile a questo, colpì il veicolo Onu su cui viaggiavano i caschi blu irlandesi. A due passi dal campo profughi palestinese di Ayn al-Hilwe, roccaforte del movimento salafita Jund al-Sham affiliato ad Al Qaeda.
Non sono ancora emersi i dettagli sull’esatto numero dei mezzi militari che componevano il convoglio Unifil al momento dell’esplosione, ma secondo quanto dichiarato dall’emittente televisiva libanese Future TV, che per prima è giunta sul luogo della tragedia, la colonna sarebbe stata composta da quattro mezzi, l’ultimo dei quali - un autocarro VM9 - sarebbe stato fatto saltare in aria dalla deflagrazione della bomba.
LE TESTIMONIANZE
L’esplosione è stata sentita da Rowaida Mroue, giovane libanese impegnata a promuovere i diritti umani nella regione, e residente a pochi metri dal luogo dell’attentato. «Ho immediatamente capito che si trattava di una bomba. Mi sono affacciata alla finestra e ho vi- sto il fumo nero e grigio salire vorticosa- mente al cielo», afferma.
Mroue conferma la congestione stradale. «Il venerdì, soprattutto a quell’ora, la strada è molto utilizzata dai libanesi che finiscono di lavorare e studiare e che decidono di tornare a casa per il weekend. Quella è l’unica autostrada che permette la circolazione nord-sud», conclude.
IL PORTAVOCE UNIFIL
L’attentato - avvenuto nel giorno che le Nazioni Uniti hanno dedicato alla memoria del sacrificio dei caschi blu caduti durante lo svolgimento delle missioni di pace - non è stato ancora rivendicato «e difficilmente lo sarà», afferma Timur Goksel, ex portavoce della missione Unifil dal 1979 al 1995 e oggi cittadino turco residente a Beirut.
Goksel non crede che l’atto terroristico sia stato compiuto contro gli italiani. «Non c’è una sola persona in tutto il Libano che sia contro l’Italia e gli italiani; e le relazioni tra i libanesi e le forze della missione Unifil sono sempre state positive. Piuttosto», continua, «credo che dietro l’attentato ci sia uno dei tanti gruppi islamisti vogliosi di colpire l’Occidente per vendicare l’uccisione di Osama Bin Laden».
Nel sud del Libano è molto forte la presenza di Hezbollah (“il partito di Dio”), il movimento sciita libanese finanziato dall’Iran per destabilizzare il Paese dei cedri e combattere Israele. Tuttavia Hezbollah questa volta sembra non aver avuto alcun ruolo nell’attacco. «Condanniamo l’agguato contro chi ha contribuito alla pace nel sud del Libano, proteggendo i cittadini che vi vivono», ha dichiarato il movimento tramite un comunicato.
In queste ultime settimane le turbolenze politiche e terroristiche nel Libano meridionale si sono risvegliate. Se da un lato la regione non rimane neutrale ai movimenti di protesta che stanno interessando tutti i Paesi arabi, tra cui la vicina Siria, il cui presidente è sostenuto proprio dal Partito di Dio; dall’altro si fanno sempre più corposi e insistenti i movimenti anti-israeliani che lo scorso 15 maggio, in occasione del 63° anniversario della “Naqba” palestinese, hanno radunato migliaia di libanesi e palestinesi e tentato in più battute di scavalcare il confine e penetrare in Israele.
Articolo di Alessandro Di Maio, pubblicato dal quotidiano 'Libero' il 28 Maggio 2011.
Photo: Marc Trip