25.02.2011 Alessandro Di Maio

Rivolte arabe, “votare non significa democrazia”

Il professor Gideon Doron - docente di Scienze Politiche all’Università di Tel Aviv - è uno dei maggiori esperti israeliani del mondo arabo. Doron esclude che quelle in Tunisia ed Egitto siano l’inizio di una “rivoluzione araba”, ma il timore che l’eventuale radicalizzazione della scena politica egiziana indebolisca l’alleanza israelo-egiziana si fa sempre più grande.

Di Maio: Cosa sta succedendo nel mondo arabo?
Doron: «Milioni di persone vivono in povertà, non hanno di che vivere e sono costrette a un’esistenza di stenti, sofferenze e privazioni. Gli eventi cui stiamo assistendo non hanno matrice ideologica o religiosa, sono frutto della fame e della depressione sociale di quelle genti. Sono rivolte di scontento popolare, iniziate da chi per problemi economici non riesce a comprare il pane, a sposarsi o a mettere al mondo dei figli, e continuata da chi facendo delle comparazioni con altre realtà si rende conto che nel proprio paese mancano bilanciamenti politici, sociali ed economici».

Di Maio: Possiamo parlare di rivoluzione del mondo arabo?
Doron: «No, non la ritengo una rivoluzione. Al momento non ne riscontro i presupposti. Siamo di fronte a degli eventi importanti che porteranno certamente dei cambiamenti tramite un periodo di riforme e migliorie. Potrebbe essere l’inizio di un processo di democratizzazione dell’area, ma anche in questo caso bisogna pesare bene le parole: un Paese non diventa democratico solo perché si fanno le elezioni, ma sono necessari anni di riforme e di cultura alla democrazia e alla tutela dei diritti umani».

Di Maio: C’è il rischio che la rivolta possa essere cavalcata da gruppi radicali islamici?
Doron: «Sì, questo è un rischio che da queste parti non manca mai. Ogni rivolta porta con sé il pericolo di una strumentalizzazione da parte di islamisti radicali e terroristi. Il gruppo islamista dei “Fratelli Musulmani” in particolare, gode già di un cospicuo consenso tra la popolazione egiziana, ed essendo ben organizzato e con un chiaro progetto politico-religioso potrebbe sfruttare benissimo la rivolta e arrivare ai vertici del potere dello Stato».

Articolo pubblicato sulla versione cartacea dal quotidiano “Libero” il 13 Febbraio 2010. Foto: AP.