04.01.2011 Alessandro Di Maio

Potomac, the American river

Il Potomac è un grande fiume dal nome evocativo e dall’esistenza millenaria, ma come tutto ciò che è del continente americano esso ha una storia non condivisa, spaccata a metà da una data che ha sancito il tramonto di una civiltà e il sorgere di un’altra.

All’inizio del 1606 il successore della regina Elisabetta I, re Giacomo I Stuart d’Inghilterra, concesse licenza d’esplorazione e colonizzazione delle coste nord-orientali del continente americano ad una compagnia commerciale chiamata Virginia Company.

Questa era suddivisa in due sottocompagnie - la Virginia Company of London e la Virginia Company of Plymouth – che avrebbero dovuto occuparsi rispettivamente della costa che va da Cape Fear (nel North Carolina) a Long Island (nello Stato di New York) e da Chesapeake Bay (tra Virginia e Maryland) all’attuale confine tra USA e Canada.

Poiché nel giro di un anno la sottocompagnia avente come azionisti di maggioranza i commercianti di Plymouth fallì, la Virginia Company of London - che aveva già fondato Jamestown, la prima colonia inglese in continente americano - estese il proprio raggio d’azione anche alla parte settentrionale della costa nord-americana, la cui esplorazione e colonizzazione era stata affidata alla compagnia di Plymouth.

Per questo motivo John Smith, presidente della colonia di Jamestown dal 1607 al 1609 - e noto agli ambienti per aver più volte salvato la sorte dei primi coloni grazie alla propria relazione con Pocahontas, figlia del re indigeno locale - guidò numerose esplorazioni navali lungo i fiumi di quella che nel frattempo era stata chiamata Virginia, e delle coste della baia di Chesapeake, più grande estuario statunitense, foce del fiume Potomac.

Benché già alla fine del ‘500 le acque della Chesapeake Bay, ed in particolare del fiume Potomac, vennero solcate dalle imbarcazioni dei colonizzatori spagnoli, il contatto tra europei e indigeni locali si ebbe proprio con le spedizioni di Smith.

Con l’obbiettivo di trovare il tanto sperato Passaggio a Nord-Ovest, Smith non fece altro che esplorare tutta la zona che oggi vede confinare uno all’altro gli Stati della Virginia, del Distretto federale, del Maryland e del Delaware.

Qui, l’arrivo dell’esploratore inglese sancì non solo la nascita di Stati - che in via successiva si renderanno indipendenti dalla Madre Patria, si faranno la guerra e infine darsi un comune governo federale - ma anche il crepuscolo dei Patawomeck, la tribù indiana stanziata nella zona che darà il nome al grande fiume, il Potomac.

“Il Potomac scorre verso l’Oceano Atlantico, lo fa lentamente senza farsi notare, probabilmente senza sapere di essere già mare, oceano. Sulle sue rive il fiume che divise il Nord dal Sud in quel massacro di vite umane che fu la Guerra Civile Americana, su queste rive in cui oggi cammino riscaldato da un sole primaverile e ingraziato dai fiori sugli alberi, il candidato democratico alla nomination presidenziale Barack Obama è riuscito a ricomporre le due Americhe, quel Nord e quel Sud che dalla guerra civile non si erano mai davvero riconciliate. Obama è riuscito a battere Hillary Clinton alle elezioni primarie democratiche negli Stati bagnati dal Potomac, colorando d'unica tinta l'intera baia”.

Tuttavia, ad unire il Nord al Sud nella regione del Potomac non fu soltanto Obama, ma anche il candidato repubblicano John McCain. Il 12 febbraio 2008, infatti, furono chiamati alle urne gli elettori repubblicani e democratici di Maryland, Virginia e District of Columbia.

Per entrambi i candidati il voto della “Potomac Primary”, come venne chiamata la giornata elettorale degli Stati bagnati dal grande fiume, confermò le loro superiorità elettorale nei confronti degli avversari.

In campo repubblicano le primarie nel delta del Potomac furono una mera formalità. Grazie ai precedenti successi, McCain disponeva già di un netto abbondante vantaggio nei confronti di Huckabee (unico avversario rimasto). Il vantaggio garantì a McCain maggiore presenza mediatica e portò buona parte degli elettori repubblicani a pensare che la nomination gli fosse già stata assegnata.

Le conseguenze di ciò furono essenzialmente due: la riduzione del numero dei votanti repubblicani (in Virginia: 986.000 votanti democratici contro 489.000 votanti repubblicani; in Maryland: 878.000 democratici contro 321.000 repubblicani; in D.C.: 124.000 democratici contro 6200 repubblicani) e la possibilità per McCain di proporsi in anticipo ai cittadini americani e di dirottare i fondi della propria campagna elettorale per lo sprint finale verso la Casa Bianca.

Sul fronte democratico la situazione risultò diversa, ma anche qui a favore di un candidato. Il Super Tuesday della settimana precedente aveva fortemente rafforzato Obama: in Nebraska aveva ottenuto il 68% delle preferenze contro il 32% di Clinton, a Washington il 68% contro il 31% e in Louisiana il 57% contro il 36%.

La Potomac Primary contribuì ancora di più ad allargare a favore di Obama il divario tra con l’ex first lady, ma ciò avvenne in modalità moderata rispetto all’effetto che queste primarie ebbero in campo repubblicano.

Ciò fu dovuto al tessuto sociale degli Stati affacciati sulla Baia di Chesapeake: alta percentuale di afro-americani (il 57% nel Distretto Federale, il 30% in Maryland e il 20% in Virginia, rispetto ad una percentuale nazionale limitata al 13%) e media-alta borghesia ben istruita vicina alle istanze progressiste e liberali.

Nel Distretto della Columbia, dove la maggioranza della popolazione è afro-americana, Obama ottenne il 75% delle preferenze contro il 23 % di Clinton.

In Virginia Obama vinse con ampio margine (64% dei voti contro il 35% di Clinton) grazie al sostegno della comunità afro-americana (il 25% della popolazione dello Stato) e ad una campagna elettorale capillare diversa da quella messa in campo da Hillary Clinton, che invece risultò settorizzata, basata su una macrodivisione del tessuto elettorale dello Stato e con un messaggio politico rivolto soprattutto a disoccupati e donne bianche di mezza età.

In Maryland Obama ottenne una ennesima schiacciante vittoria. Con il 61% delle preferenze contro il 36% ottenute da Clinton, egli riuscì ad unire le due sponde del Potomac, trasformando la regione in un unico serbatoio di voti, delegati e super elettori.

In quest’ultimo Stato Clinton vinse nelle aree rurali, mentre Obama fece incetta di voti nelle aree urbane. Tra gli elettori Caucasici, Ispanici ed Ebrei Clinton ottenne una netta maggioranza sull’avversario (rispettivamente 52-42%, 55-45%, 60-40%), mentre Obama poté contare sulla comunità afro-americana (85-15%), sui Cristiani Protestanti (51-44%), sugli elettori indipendenti (62-27%) e sugli atei/agnostici (62-37%).

Tratto da “Diario di un giornalista per la prima volta ufficiale”
Italia e Stati Uniti d’America
Marzo-Maggio 2008

Il testo contnuto in questo post fa parte della tesi di laurea di Alessandro Di Maio dal titolo "USA 2008: elezioni primarie e giovani americani" ed è stato per la prima volta pubblicato su Alexander Platz Blog il 28 Aprile 2009