07.03.2013 Alessandro Di Maio

Morte di Arafat Jaradat: Abu Mazen scalda l’Intifada. «Terroristi sono gli israeliani»

Articolo di Alessandro Di Maio pubblicato sull’edizione cartacea del quotidiano Libero il 26 Febbraio 2013.

Avvolto nella bandiera palestinese e salutato da una folla di 10mila persone, Arafat Jaradat, il palestinese di 30 anni morto sabato scorso nella prigione israeliana di Megiddo, è diventato un martire, probabilmente il primo «shahid» di una possibile nuova escalation di violenza tra israeliani e palestinesi, la miccia della temuta Terza Intifada.

Fino allo scorso sabato l’attenzione era tutta rivolta allo sciopero della fame tenuto per mesi da un gruppo di prigionieri politici palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, ma la morte improvvisa e poco chiara di Arafat Jaradat, giovane sconosciuto membro di Fatah, il partito del presidente Abu Mazen, ha accelerato gli avvenimenti, spingendo centinaia di palestinesi a scendere in strada a fronteggiare i soldati dell’Idf, le forze armate israeliane.

Secondo le autorità di Gerusalemme, che per prime hanno condotto l’autopsia sul corpo di Jaradat, la morte sarebbe avvenuta per arresto cardiaco, ma per i medici palestinesi l’uomo è stato torturato fino alla morte dagli agenti dello Shin Bet, i servizi segreti interni israeliani che gestiscono il carcere.

Se le cause della morte rimangono incerte - il referto medico palestinese descrive «segni di torture dalla testa fino ai piedi», mentre gli israeliani specificano che le due emorragie interne sarebbero il frutto della frattura di due costole avvenuta tentando la rianimazione – l’eco della morte del giovane ha raggiunto ogni angolo della Cisgiordania, ingrossando le fila della resistenza che dapprima si è animata solo nelle zone rurali e nei luoghi dove tradizionalmente ogni settimana essa si esprime, e poi anche in vari campi profughi e nei centri abitati di Hebron, Nablus e Gerusalemme Est, dove numerosi sono stati i feriti.

Pochi giorni fa, dall’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu era partito l’invito all’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) a tenere tranquilla la situazione nei territori palestinesi, ma una notizia pubblicata ieri dall’agenzia stampa palestinese Ma’an ha rivelato la posizione dell’Anp che, secondo Azzam al Ahmad, ex membro di Fatah, sarebbe in totale appoggio politico e organizzativo alle proteste popolari in Cisgiordania.

La notizia non è stata ripresa dalle autorità palestinesi, ma conferma indiretta dell’appoggio dell’Anp e di Fatah alle manifestazioni pacifiche e agli scontri con l’esercito israeliano, sarebbe la presenza nelle strade delle zone della Cisgiordania sotto controllo palestinese dei miliziani delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, ala militare del partito Fatah.

Da ieri mattina gruppi di miliziani armati e con il volto coperto sono apparsi nei più grandi centri urbani palestinesi, in particolare a Hebron, dove hanno anche partecipato al funerale di Jaradat, sparando in aria e omaggiandolo degli onori militari.

Parlando al termine del funerale, tenutosi nel piccolo villaggio si Saeer,
non lontano da Hebron, il presidente Abu Mazen si è detto dispiaciuto per la sorte di Jaradat, «arrestato, imprigionato e tornato in una cassa da morto», e poi ha accusato Israele di non volere la pace, «ma di voler creare il caos tra i palestinesi». Da Gaza, nel frattempo, giungono gli inviti da parte di membri di Hamas, e in particolare dell’ex leader Salah al Bardawil, a fronteggiare i soldati israeliani con l’intento di catturarli.

In Israele, dove si sta celebrando la festività del Purim, il carnevale ebraico, le notizie sugli scontri destano preoccupazione. Benché i media israeliani tendano a precisare che «non si tratta ancora di Intifada» e che nessuno è in grado di conoscere se essa possa eventualmente essere organizzata oggi e quale possa essere la sua forma, le immagini di attentati suicidi ritornano alla mente di molti come il peggior incubo tra gli israeliani.

Tra i più scettici, quanto sta accadendo in questi giorni tra i quartieri arabi di Gerusalemme Est e la Cisgiordania appare essere frutto della strategia politica dell’Autorità Nazionale Palestinese e del suo presidente Abu Mazen, intento a incrementare la propria base popolare in vista delle prossime elezioni palestinesi e rafforzare la posizione negoziale palestinese in vista di un possibile ritorno al tavolo negoziale con gli israeliani all’arrivo del presidente americano Barack Obama, previsto per il prossimo 20 Marzo.

Articolo di Alessandro Di Maio pubblicato sull’edizione cartacea del quotidiano Libero il 26 Febbraio 2013.
Twitter: @alexdimaio
Foto cortesemente messa a disposizione dall’amico e collega Mussa Qawasma/Reuters