Missili su Gerusalemme. Hamas dichiara “guerra” a Fatah
L’allarme è suonato di nuovo, altri due missili sono stati sparati contro Gerusalemme. Il copione è sempre uguale: la gente che corre terrorizzata, il cuore che batte forte e il bunker che sembra lontano chilometri. Poi l’impatto dei missili, le esplosioni, i “boom”.
Dopo l’attacco di venerdì scorso era comune l’idea che la Città Santa non sarebbe stata più attaccata dai miliziani islamisti di base nella Striscia di Gaza. Si riteneva che i missili di venerdì scorso fossero un errore e che nessun altro Fjar-5 sarebbe stato lanciato contro la città santa per eccellenza abitata più da arabi-musulmani che da ebrei e cristiani.
Le stesse autorità israeliane avevano assicurato che le scorte di razzi a lunga gittata a disposizione delle Brigate al-Qassam, braccio armato di Hamas, e della Jihad Islamica Palestinese erano state tutte distrutte durante gli attacchi aerei israeliani dei primi due giorni, e che Tel Aviv e Gerusalemme non sarebbero state più attaccate. Non è stato così. Si sono sbagliati tutti. Ci siamo sbagliati tutti, anche noi giornalisti.
I due missili non hanno causato né vittime, né danni, e hanno colpito un’area aperta nei pressi di un villaggio arabo tra Gerusalemme e Betlemme.
Per la seconda volta consecutiva i miliziani di Hamas hanno attaccato non Israele, ma altri arabi, altri musulmani. Hanno attaccato la Cisgiordania governata dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), dal partito palestinese rivale Fatah e da Mahmoud Abbas, conosciuto in occidente con il nome di Abu Mazen.
Se l’ANP non ha la forza di condannare gli attacchi è perché - già debole di suo perché considerato “non un partner per la pace” del governo di destra di Benjamin Netanyahu – è stata ulteriormente indebolita dalla guerra tra Israele e Gaza, che l’ha estromessa totalmente dal campo politico e diplomatico, dai titoli dei giornali e probabilmente dal cuore di molti palestinesi.
Il rischio è che l’immobilità della leadership più moderata della storia palestinese possa, agli occhi di sempre più palestinesi, trasformare Hamas nel vero difensore della causa palestinese.
Benché il lancio di missili contro Gerusalemme, al momento, possa essere interpretata come una guerra all’ANP e alle soluzioni pacifiche del suo leader Abu Mazen, il segnale per Israele rimane ed è inquietante: “Abbiamo ancora missili a lunga gittata e possiamo colpirvi quando e dove vogliamo”.
I due missili sparati contro Gerusalemme vengono proprio nel giorno in cui tutti – israeliani, palestinesi e Comunità Internazionale – riponevano maggiore speranza per il raggiungimento di un accordo di cessate il fuoco sulle parti che è saltato ancora una volta.
Alessandro Di Maio
Gerusalemme
Foto: AP Photo/Ariel Schalit