15.01.2011 Alessandro Di Maio

L’Australia cambia aria

Lo scorso 3 Dicembre il leader laburista Kevin Rudd ha preso ufficialmente carico del proprio mandato governativo, diventando il ventiseiesimo primo ministro australiano e sostituendo John Howard alla carica amministrativa più ambita del paese.

E’ stato con l’esito elettorale dello scorso 24 Novembre che gli elettori australiani hanno messo fine alla lunga e ultraconservatrice era Howard, affidando le redini del governo al Partito Laburista, un cambio che nel panorama politico australiano non avveniva da undici anni.

Facendo un balzo del 6% di suffragi rispetto alle precedenti elezioni, con il 52,56% dei voti il partito laburista è oggi il maggiore partito del paese, seguito con il 47,44 % dalla coalizione liberal-nazionalista uscente.

In campagna elettorale Rudd ha più volte chiesto agli elettori la propria fiducia, riuscendo ad approfittare dell’arroganza e cecità politica di Howard, promettendo una prospettiva sociale alla propria politica interna e assicurando una politica estera indipendente dalle scelte di Washington, mediante il ritiro delle truppe australiane dal conflitto iracheno e dalla firma del protocollo di Kyoto.

Nonostante il periodo senza precedenti di prosperità economica - alto tasso di occupazione e bassa inflazione - la sconfitta liberale era nell’aria. L’idea secondo cui gli eccellenti risultati economici fossero sufficienti ad ottenere il voto degli elettori è stata smentita, gli australiani hanno dimostrato di volere un governo capace di mettere le mani non solo nell’economia, ma di affrontare seriamente il problema delle scarse risorse idriche e di modificare in senso sociale e meno liberista la legislazione del mercato del lavoro voluta dall’ex primo ministro.

Se per Howard l’eccellente situazione economica è il risultato delle politiche liberiste attuate nei suoi undici anni di governo, Rudd ha più volte contraddetto il suo avversario, affermando che essa è dovuta all’aumento dei prezzi delle materie prime che Cina e India hanno bisogno per svilupparsi e che l’Australia detiene in grande quantità.

Cinquantenne, nato in Queensland, ex diplomatico all’ambasciata australiana a Pechino e oggi unico capo di stato occidentale a parlare perfettamente il mandarino, Kevin Rudd è comunque un moderato che ha emarginato i componenti più radicali della propria coalizione (Verdi e sinistra radicale) e che probabilmente si guadagnerà la simpatia del dragone cinese in vista di cooperazioni in campo diplomatico e commerciale. Il rischio di ciò, vista la numerosa componente cinese della multietnica società australiana, è l’intensificazione dei connotati asiatici dell’isola continente.

Howard che ha perfino perso il proprio seggio nella Camera dei Rappresentanti, ha riconosciuto la sconfitta e ringraziato il popolo australiano per avergli dato l’onore di guidare il paese per più di un decennio.

Articolo pubblicato su LaSpecula Magazine il 9 Dicembre 2007