16.01.2011 Alessandro Di Maio

La crisi economica fa risorgere Keynes

La crisi economica ha colto di sorpresa gli economisti che in questi ultimi venti anni hanno trasformato il mondo, l’economia e la vita di miliardi di persone. Oggi molte di queste hanno perso la casa, altri il lavoro e la speranza di una vita dignitosa. Ma come e perché è nata la più grave crisi economica dai tempi del 1929?

E’ difficile crederci adesso, ma fino a qualche mese fa gli economisti andavano fieri dei loro successi e non accettavano critiche da nessuno. Si scrivevano libri sugli “ultimi gloriosi 20 anni di economica”, si facevano conferenze e si davano Nobel a matematici ed economisti per aver avanzato nuove analisi e teoremi.

Nel 2003 Robert Lucas, professore dell’università di Chicago, nel suo discorso all’Associazione Americana sull’economia, dichiarò che “il problema centrale della macroeconomia, cioè come scongiurare le depressioni, è stato risolto”, nel 2008 Olivier Blanchard, oggi capo economista del Fondo Monetario Internazionale, dichiarò che, “superate le battaglie di ieri ed essendoci un’ampia convergenza di idee, lo stato della macroeconomia è buono”, mentre Alan Greenspan, all’epoca presidente della Fed, continuava a sostenere la deregulation finanziaria.

Poi, a metà del secondo semestre 2008, tutto è crollato: milioni di americani hanno subito il pignoramento della casa perché impossibilitati a pagarne il mutuo e le banche mondiali, rimaste a corto di credito, non hanno più prestato denaro a famiglie e imprese, creando quello stato depressivo che ha ridotto la domanda di beni, e quindi materie prime, che sta mietendo milioni di posti di lavoro ad ogni angolo del mondo.

A differenza della Grande Depressione del 1929, la crisi di oggi nasce dal mondo finanziario e si trasferisce a quello materiale dell’economia vera. Ma com’è nata? E cosa lega un cittadino americano di periferia che non riesce a pagare il mutuo della propria casa con gli operai licenziati in Sicilia?

La crisi è stata causata da uno strumento finanziario chiamato mortgage backed security (MBS), frutto dell’eccessivo grado di lassaiz-faire che dagli anni ‘80 ha caratterizzato l’economia mondiale - deregolata per seguire la logica che mercati più liberi siano in grado di produrre risultati superiori e di far fluire i capitali verso i loro impieghi più produttivi, spingendo l'economia e migliorando il benessere.

Inventato da Lewis Ranieri - banchiere di origine italiane che viene da Brooklyn, New York City – l’MBS ha trasformato il semplice sistema dei mutui ipotecari in una enorme borsa in cui chiunque e in qualsiasi momento e luogo avrebbe potuto acquistare delle partecipazioni ai mutui delle case degli americani.

Infatti, se il mercato dei mutui ipotecari prevedeva solo due parti (il denaro andava dalla banca A al privato B, e poi tornava da B ad A), con il nuovo sistema Ranieri trasformò il prestito che il privato B doveva restituire alla banca A, in un titolo che la banca d’investimento C rivendeva alla banca svizzera D, a quella tedesca E o francese F.

Ma Ranieri non si fermò qui, pensò anche al plurale, nel senso che riunì tanti singoli mutui in un grosso pacchetto da dividere in porzioni e rivendere, e li chiamò mortgage backed securities (MBSs), cioè obbligazioni (titoli di credito) garantite da ipoteche sulle case.

Da allora, anche se il cittadino americano B restituisce il mutuo della casa alla stessa banca che lo aveva erogato, di fatto quei soldi finiscono nelle casse di chi precedentemente ha comprato i titoli ipotecari (cioè gli MBSs) dove si trovava il mutuo del compratore B (cioè l’MBS del cittadino americano).

Le banche di tutto il mondo, gli istituti assicurativi ed i fondi di investimento che comprano i mortgage backed securities scommettono che il maggior numero di persone B sia in grado di restituire il mutuo contratto. Teoricamente il sistema funziona in quanto il compratore B riesce ad avere una casa, l’acquirente dei titoli ipotecari incassa gli interessi, la banca d’investimento C riscuotono enormi provvigioni che andranno ai propri manager sottoforma di bonus, e la banca A, iniziale erogatrice del mutuo, non deve aspettare anni prima di vedere restituito il prestito concesso.

Tuttavia l’inconveniente deriva proprio dal successo dei mortgage backed securities. Ricercatissimi nel mercato - acquistati da numerosi istituti finanziari e di investimento, come ad esempio la svizzera Ubs e la tedesca Deutsche Bank - gli MBSs superano il valore dei veri mutui ipotecari su cui si basano, rendendo necessario il rilascio sul mercato di nuovi MBSs.

Dove trovarli? Non potendo obbligare le famiglie medie americane ad indebitarsi per acquistare cinque case, le banche hanno abbassato gli standard, smettendo di tener conto dei normali criteri da soddisfare per l’erogazione di un mutuo - quali la garanzia di un capitale di proprietà e un buon reddito - e rivolgendosi agli americani impossibilitati a dare garanzie o con uno stipendio basso e non continuo.

Bramose di creare nuovi mutui da vendere sul mercato, in mancanza di garanzie da parte del compratore, le banche di investimento hanno per anni consigliato alle banche ipotecarie di affidarsi al costante aumento dei prezzi delle case: la mancanza di garanzie non costituisce problema, in un paio di anni l’abitazione avrebbe avuto un valore così alto da poter costituire essa stessa la garanzia alla restituzione del mutuo.

Sembrava la continuazione del sogno americano: una villa a due piani con giardino e piscina anche per chi, come i braccianti, le donne delle pulizie e le babysitter, sta alla base della piramide economica della società statunitense. Chiamati subprime – cioè mutui di seconda scelta rispetto agli MBSs – questi titoli furono uniti tra loro e venduti sul mercato internazionale dalle banche d’investimento americane.

La differenza sostanziale tra questi due tipi di titoli ipotecari è il grado di rischio. La piena restituzione del prestito originario negli MBSs è più scontata rispetto a quella nei subprime, perché se i primi sono basati su mutui normali, cioè fatti a famiglie che offrono alla banche erogatrice ottime garanzie e un buon salario, i secondi si basano su mutui rischiosi, fatti a persone che come unica garanzia offrono la casa che stanno acquistando.

E’ chiaro che, se la donna delle pulizie riesce a pagare il proprio debito con la banca, i subprime, essendo più rischiosi, offrono maggiori guadagni a chi ne possiede i titoli rispetto a chi, invece, possiede gli MBSs.

La facilità con cui era possibile ottenere un mutuo per l’acquisto di una casa, aumentò così tanto la domanda di abitazioni che l’industria edile rispose costruendo milioni di villini unifamiliari alla periferia di ogni città americana. Tutto andò per il verso giusto fino a quando, a metà del 2008, il mercato immobiliare americano si saturò ed il prezzo delle case iniziò a scendere.

Ciò spezzò la magia. A causa del contemporaneo licenziamento di numerosi lavoratori dalle fabbriche americane e della natura non continuativa di molti lavori - es. babysitter, pulizia, campagna – numerosi compratori non riuscirono più a reggere le rate del muto e, a causa del pignoramento delle case che speravano di terminare di pagare e che erano state messe a garanzia della restituzione del prestito, furono costretti vivere da parenti, amici, in motel o per strada.

Reggendosi sulla scommessa che il maggior numero di persone B, cioè di compratori di case, riesca a ripagare il debito alla banca A, i titoli ipotecari – MBSs e subprime – scesero bruscamente di valore, spingendo gli istituti di credito, le assicurazioni e i fondi di investimento di tutto il mondo a rivenderli il più velocemente possibile. Ciò fece abbassare ancora di più il valore dei titoli, tanto che nessuno volle più riacquistarli: erano invendibili, fuori mercato. La scommessa era stata persa.

Gli istituti di tutto il mondo che li avevano acquistati per miliardi di euro, rimasero con dei titoli da quattro soldi. Negli Stati Uniti, mentre il Partito Repubblicano criticava Obama perché pensava agli aiuti statali, molte banche fallirono, altre furono inglobate da istituti più grandi. In Europa i singoli Stati si dissero pronti a ricapitalizzare le banche europee in difficoltà.

I mass media parlarono di “un enorme quantità di denaro bruciato, scomparso nel nulla”. Ma è davvero possibile che il denaro sparisca nel nulla? A questa domanda i fisici risponderebbero con la legge della conservazione dell’energia: in natura nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Ed è proprio quanto accaduto ai soldi venuti improvvisamente a mancare a numerose banche internazionali.

Una parte di quei soldi sono andati nelle tasche dei manager delle banche d’investimento, altri in quelle di chi è riuscito a vendere i propri titoli ipotecari e nelle tasche degli imprenditori edili americani. Tutto il resto – ed è la maggior parte dei soldi mancanti – è rimasto immobilizzato nelle periferie delle città americane sottoforma di immobili che nessuno, al momento, può pagare.

Ma allora come mai la crisi è diventata globale passando dalla finanza all’economia reale e creando disagi agli operai della Sicilia? Il problema è che negli ultimi anni sempre più banche si sono occupate di finanza, tralasciando il loro vero ruolo, che è quello di servire l’economia reale – persone, imprese, industrie.

Quando le banche rimangono senza soldi non possono, ad esempio, dare alle aziende i prestiti di cui hanno bisogno per pagare le materie prime o gli operai. Ed allora la crisi si generalizza: se le aziende non ricevono prestiti saranno costrette a licenziare una parte dei propri operai, e se questi ultimi non hanno più uno stipendio non potranno consumare beni e faranno diminuire ogni tipo di domanda.

Numerose aziende siciliane hanno deciso di chiudere i battenti o licenziare buona parte dei propri operai perché non hanno richieste d’acquisto, non hanno compratori. In Cina, nell’Europa dell’Est e in qualsiasi altro paese al mondo è accaduto lo stesso. Sono stati colpiti anche i paesi esportatori di materie prime: essendoci meno produzione di beni si abbassa la richiesta ed il prezzo di petrolio, metalli e minerali.

Per evitare che la situazione degeneri assumendo proporzioni gigantesche, è necessario fermare il cane che si morde la coda, iniettando denaro nell’economia in modo tale da far ricominciare a consumare. Ma chi è che lo fa? Lo Stato, ma poiché esso utilizza il denaro dei contribuenti è lecito dire che per rimettere in circolo l’economia lo Stato dà i soldi dei contribuenti alle banche affinché queste prestino soldi alle aziende e ai contributori stessi. Ma è onesto dare soldi pubblici a istituti che non hanno fatto altro che speculare d’alta finanza distribuendo ai propri manager bonus e buone uscite miliardarie, creando rischiosi strumenti finanziari che hanno generato la crisi?

La crisi ha tolto legittimità alle teorie economiche di stampo monetaristico che hanno governato il mondo negli ultimi venti anni, e ha rivalutato le teorie Keynesiane per un maggior controllo dello Stato sull’economia. Keynes disprezzava i mercati finanziari dominati dalla speculazione a breve termine, li paragonava a dei casinò; ma al contempo l’economista britannico non ha mai accettato che lo Stato controllasse l’economia.

Oggi si è visto cosa questi mercati hanno saputo fare. Gli Stati europei hanno messo mano al portafogli e ricapitolarizzato molte banche. E’ giusto che d’ora in avanti il mondo dell’economia sia più regolato e che un istituto salvato dallo Stato si presti maggiormente alle necessità economiche reali più che al mondo dell’alta finanza e del guadagno facile.

Articolo pubblicato su LaSpecula Magazine il 13 Settembre 2009.