Israele nella guerra di Siria: bombe su Assad
Articolo di Alessandro Di Maio pubblicato sull’edizione cartacea del quotidiano Libero il 31 Gennaio 2013.
Due operazione di guerra israeliane contro la Siria e i suoi alleati libanesi. È lo scenario che da ieri ha conquistato le segreterie politiche dei Paesi mediorientali e i media di tutto il mondo.
La tv di Stato siriana ha affermato che caccia israeliani hanno attaccato un centro di ricerche militari nella capitale, Damasco. In precedenza una fonte anonima descritta come un esponente della diplomazia occidentale esperto in questioni di sicurezza, aveva dichiarato che nella notte tra martedì e mercoledì scorso gli aerei da combattimento con la stella di David avrebbe compiuto manovre nei cieli libanesi e siriani e colpito un convoglio militare nella Valle della Beqa’, al confine tra Siria e Libano, non distante dal Golan.
Lo scopo della doppia operazione sarebbe stato di impedire il trasferimento di armi non convenzionali, in particolare chimiche, dall’esercito di Bashar al-Assad, alla milizia sciita libanese di Hezbollah e annientare la capacità produttiva del regime.
La violazione israeliana dello spazio aereo libanese era stata confermata dalle autorità militari libanesi e denunciata alle Nazioni Unite perché contraria ai termini della risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU n. 1701.
Secondo il comunicato stampa diffuso dall’esercito libanese, le incursioni israeliane nei cieli del Libano del sud sarebbero state tre, ciascuna compiuta da quattro caccia: la prima squadriglia avrebbe raggiunto i cieli del Libano alle 4:30 di martedì pomeriggio, concentrandosi nella zona interna vicina al villaggio di Ramish; il secondo gruppo di aerei avrebbe compiuto manovre fino alle 2:00 del mattino; e l’ultima squadriglia avrebbe sorvolato la zona costiera nei pressi della città di En-Nakura fino alle 8 del mattino di ieri.
Secondo un’altra fonte anonima pubblicata dall’agenzia di stampa francese AFP, «l’attacco è avvenuto in territorio libanese, contro un convoglio che aveva da poco attraversato il confine», ma fonti ufficiali dell’esercito di Beirut, e la stessa Hezbollah, hanno precisato di non aver registrato alcuna attività di questo tipo in territorio libanese.
Il mistero dell’attacco è alimentato dal silenzio dell’esercito israeliano, intenzionato a «non commentare su report di questo tipo», e da quello siriano, probabilmente non più in grado di monitorare il proprio spazio aereo.
«Un attacco del genere non dovrebbe sorprendere nessuno», afferma Nimrod Goren, presidente dell’Istituto Israeliano per la politica estera regionale, «perché in linea con la normale strategia difensiva di Israele, che già in passato ha condotto attacchi aerei mirati contro obiettivi ritenuti pericolosi. Probabilmente non sapremo mai con certezza se l’attacco ha effettivamente avuto luogo», continua Goren, «ma se così fosse è evidente che il trasferimento di armi stava davvero avvenendo perché Israele non darebbe mai un pretesto militare alla Siria».
L’avvertimento l’aveva dato quattro giorni fa lo stesso primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dichiarando di essere pronto a intervenire per evitare che armi chimiche cadano nelle mani degli islamisti di Hezbollah.
A rafforzare l’idea dell’attacco notturno c’è anche il riposizionamento di due batterie dello scudo antimissile Iron Dome dal confine con Gaza alle regioni settentrionali di Galilea e Golan, e i viaggi a Mosca e a Washington dei capi della sicurezza israeliana - Yaakov Amidror, capo del Servizio di Sicurezza Nazionale, e Aviv Kochavi, capo dell’intelligence dell’IDF.
La questione delle armi chimiche siriane è molto sentita in Israele - dove nel solo mese di gennaio sono triplicate le famiglie israeliane che hanno rinnovato le proprie maschere antigas.
Il regime di Assad non trarrebbe alcun vantaggio nel trasferire le proprie armi chimiche e antiaeree a Hezbollah, «ma», continua Goren, «la situazione di caos venutasi a creare in Siria potrebbe facilitare il contrabbando di queste armi e il loro possibile futuro utilizzo contro Israele».
Nel frattempo in Siria si continua a morire. Dopo l’ennesimo massacro compiuto ad Aleppo, dove l’esercito regolare ha ucciso settanta persone sul greto di un fiume poco fuori la città, Ahmad Moaz al-Khatib al-Hassani, presidente della Coalizione Nazionale Siriana - principale cartello delle forze che si oppongo ad Assad - ha fatto sapere di essere disponibile a sedersi a un tavolo negoziale con il regime a patto che siano scarcerati i 160.000 cittadini siriani detenuti e rinnovati i passaporti dei siriani che vivono in esilio.
Articolo di Alessandro Di Maio pubblicato sull’edizione cartacea del quotidiano Libero il 31 Gennaio 2013.
Twitter: @alexdimaio