“Io viaggio verso est”. Il primo libro di Riccardo Valsecchi
Ho conosciuto Riccardo Valsecchi a un seminario sul giornalismo in zone di conflitto. Era il 2009 e ci trovavamo in Israele, pochi mesi dopo la fine dell’Operazione Piombo Fuso, la campagna militare israeliana realizzata a Gaza per fermare il lancio dei missili Qassam, Katyusha e Grad dalla Striscia.
Le armi non parlavano più ma l’eco delle bombe israeliane e dei missili sparati dai militanti di Hamas riecheggiava nelle strade della Terra Santa e nelle conversazioni quotidiane di palestinesi e israeliani, mentre i governi e la stampa internazionale attendevano la pubblicazione del Rapporto Goldstone, l’inchiesta avviata dalle Nazioni Unite per verificare la violazione delle norme del diritto internazionale che molti attribuivano all’esercito di Tel Aviv.
In questa situazione ho incontrato Riccardo. Da bravo italiano, non tardò molto ad affibbiarmi il soprannome di Totò. “In onore alla Sicilia e ai Totò che l'hanno fatta grande”, diceva riferendosi scherzosamente all’ex Presidente della Regione Totò Cuffaro – condannato per mafia - e al calciatore Totò Schillaci, passato dalle cronache sportive a quelle dell’Isola dei Famosi.
Accettai il gioco e, stereotipando gli italiani del nord, iniziai a chiamarlo leghista e polentone. Scherzi a parte, notai che durante il seminario, interloquendo con la portavoce dell’ufficio stampa dell’esercito israeliano, Riccardo fece delle domande interessanti, riuscendo più volte a cogliere il cuore della questione.
Alla fine del seminario decidemmo di andare insieme in Cisgiordania. Con noi sarebbero venuti altri due colleghi, una freelance portoghese e un giornalista catalano. Destinazione: Jenin.
Non era la prima volta che viaggiavo in Cisgiordania, ma fui felice di andare a Jenin con Riccardo e gli altri. In città non avevo nessun contatto che potesse essermi utile e durante la Seconda Intifada Jenin si era resa famosa per l’alto numero di attentatori suicidi. Insomma andarci in compagnia mi rassicurava.
Fu un’avventura. In quei pochi giorni di viaggio ci trovammo di fronte a situazioni e imprevisti che mai avevo sperimentato prima. Alcuni di questi furono pericolosi e spiacevoli, altri interessanti e utili per comprendere la verità sui luoghi e sulle persone del Medio Oriente.
Salutai Riccardo una sera di fine agosto. Avevamo da poco superato l’ultimo checkpoint per Israele. Lui prese un autobus per Gerusalemme, io andai a Tel Aviv.
Oggi lui vive in Germania facendo il giornalista. Io sono rimasto qui, in Medio Oriente, facendo il giornalista e sperimentando (quando capita) l’arte del fotogiornalismo. È un onore per me presentare qui il libro che Riccardo ha scritto e pubblicato in questi ultimi mesi.
È un piacere non solo perché è la pubblicazione valida e interessante di un caro amico e collega, ma perché l’ho letta proprio qui, tra il Mediterraneo e il fiume Giordano, nei luoghi dove Riccardo ed io ci siamo conosciuti.
Il libro s’intitola Io viaggio verso est. Edito Albatros, il volume è uno straordinario resoconto di uno dei suoi primi viaggi. Con lo zaino in spalla e la macchina fotografica pronta a scattare, Riccardo è partito da Berlino e, utilizzando ogni tipo di mezzo di trasporto, ha raggiunto la città di Odessa, in Crimea, Ucraina.
Nel suo racconto storia e politica s’intrecciano a vicenda, e insieme abbracciano la confusione sociale e politica di Kiev, la miseria e l’alienazione di Chişinău, la straordinaria chiarezza geopolitica del caos di Tiraspol, la barbarie dei valichi di frontiera tra gli ex satelliti dell’ex gigante sovietico.
Scritto con un’ottima prosa e adornato da intermezzi personali, Io viaggio verso est è un’utile presentazione dell’Est moderno, ancora in bilico tra una debole Europa e una Russia spavalda, tra passato e presente, tra criminalità e democrazia, miseria e ricchezza bulimica. È un lavoro giornalistico certosino e di gran valore, un reportage lucido. Ne consiglio vivamente la lettura.