Il primo visto da corrispondente
Il 3870 è un treno regionale quasi sempre in ritardo, sporco e affollato. Parte dalla stazione centrale di Palermo, tocca tutte le fermate tirreniche e giunge alla stazione marittima di Messina. Qui si unisce a quello proveniente da Siracusa per diventare l’espresso 1938 Bellini diretto a Roma Termini.
E’ quasi mezzanotte quando dalla stazione centrale di Messina salgo sul treno. La carrozza è la numero sei. La cabina è occupata da due anziani coniugi, una suora e due persone di colore.
Passano minuti silenziosi. Il treno si muove verso il traghetto. L’imbarco è rumoroso. Uomini in divise fosforescenti e caschi di protezione gridano, parlano, corrono e muovono torce permettendo alla nave di divorare il Bellini.
Quando la nave parte il vagone si agita. Salgo sul ponte della nave e osservo il mare. E’ mosso, buio, coperto da un cielo di nuvole. Fuori l’aria è fredda, gelida. Allora torno sul treno. La temperatura è buona ma manca la luce elettrica e non riesco a leggere ‘In viaggio con Erodoto’ di Ryszard Kapuściński.
Do un’occhiata all’orologio. E’ quasi l’una del 17 Marzo 2008. Chiudo gli occhi e trenta minuti dopo siamo già a Villa San Giovanni. Il treno viene ricomposto. Si parte. Passa il controllore, poi decido di fare come al solito, cambiare vagone alla ricerca di una cabina vuota dove potermi chiudere in solitudine, sdraiarmi e dormire. Trovo quello che cerco. Mi addormento.
Alle sei del mattino il treno giunge alla stazione centrale di una Napoli appena illuminata, fredda eppur già colma di gente rumorosamente e lentamente operosa. Scesi dal treno per la metropolitana che mi avrebbe portato a Mergellina. Da lì avrei raggiunto il Consolato USA di Piazza della Repubblica.
Quando arrivai al consolato l’aria era fresca, il mare una tavola. Il sole si era fatto alto. Una forza dell’ordine mi chiese il passaporto. In cambio del passaporto mi diede un cartellino. Avevo il numero 1, sarei stato il primo.
Quando mi chiamarono mi presentai ad una signora magra, dai capelli castani e gli occhiali fini. Una pesante lastra di vetro rinforzato ci separava e ostacolava nella conversazione. L’impiegata dell’ambasciata mi trattò con incredibile insufficienza e scarabocchiò i miei documenti con firme, segni e note.
Si prese parte dei documenti. Gli altri, benché essenziali secondo le indicazioni che lo stesso consolato mi aveva dato, lei li definì “assolutamente inutili”. Mi prese le impronte digitali e fotografò entrambe le cornee degli occhi. Poi mi invitò a sedermi e aspettare in silenzio di essere richiamato.
Tra i tanti aspiranti al visto, alcuni vennero rimandati per mancanza di qualche documento oppure, nella maggioranza dei casi, per il mancato rispetto dei requisiti delle fototessere presentate. Un’ora dopo mi richiamarono. A sbrigare la mia pratica fu un uomo, un impiegato molto simpatico.
Disse di conoscere il mio caso, il motivo del mio viaggio e la mia esperienza in ambasciata. Sorrise quando osservò le note e i segni che la sua collega aveva scritto sui miei documenti. Poi mi chiese chi secondo me avrebbe vinto le primarie democratiche e chi le elezioni di Novembre. “Non saprei”, risposi.
Disse che verso mezzogiorno avrei trovato il mio passaporto con VISA I, per giornalisti, al Mail Boxes Etc vicino il consolato. Lo ringraziai e lascia il consolato per incontrare alcuni amici napoletani che mi portarono a mangiare una pizza straordinaria.
Nel pomeriggio giunsi alla Mail Boxes Etc. Pagai per avere il passaporto con il visto. “Controlli i suoi dati prego - disse il commesso – il minimo errore potrebbe crearle problemi alla frontiera aeroportuale”. Il mio visto da corrispondente era stato incollato sulla sedicesima pagina del passaporto. Guardai quel pezzo di carta, lo controllai e ricontrollai.
“C’è qualche errore?”, chiese il commesso.
“No, no, tutto è in regola grazie”.
Mi avviai verso la stazione di Mergellina dove avrei preso il treno per la Sicilia. Quando presi posto sul convoglio aprii nuovamente il passaporto per osservare il visto con perizia e soddisfazione. Quando mi stancai di guardarlo chiusi gli occhi per qualche minuti, poi dalla tracolla presi ‘In Viaggio con Erodoto’ ed iniziai a leggere: “...siamo sempre sul Mediterraneo, il mare di Erodoto…”.
Tratto da “Diario di un giornalista per la prima volta ufficiale”
Italia e Stati Uniti d’America
Marzo-Maggio 2008
Questo post è stato pubblicato per la prima volta su Alexander Platz Blog il 20 Dicembre 2008