Hamas lascia la Siria e l’Iran gli taglia i fondi
Una diaspora. È così che voci diplomatiche sempre più insistenti definiscono la lenta e discreta ritirata che da circa un mese interesserebbe i militanti di Hamas di stanza a Damasco, il più grande centro operativo dell’organizzazione terrorista palestinese al di fuori della Striscia di Gaza.
Secondo voci non ufficiali riprese dal quotidiano progressista israeliano Haaretz, l’incertezza sul futuro del regime di Bashar al-Assad starebbe spingendo migliaia di militanti di Hamas a lasciare la Siria e fare ritorno a Gaza.
Il quartier generale dell’organizzazione a Damasco si sarebbe ridotto in poche settimane da varie migliaia di unità a qualche decina. Le partenze, costanti all’ini- zio della guerra civile, avrebbero subito una brusca accelerata alla metà del mese scorso, dopo la sospensione della Siria dalla Lega Araba, lasciando in terra siriana non più di qualche dozzina di uomini, tra cui il leader Khaled Mashal e i quindici dell’ufficio politico.
ESPANSIONE
Secondo una fonte diplomatica palestinese rimasta anonima e citata da Haaretz, non tutti i militanti sarebbero diretti a Gaza, molti di loro starebbero viaggiando tra Qatar, Turchia, Egitto e Sudan per valutare la possibilità di installare nuove basi.
Mashal starebbe dunque pianificando il ricollocamento di un rifugio sicuro per il suo quartier generale in vista di una Siria post-Assad che - come dichiarato pochi giorni fa da Burhan Ghaliouni, leader dei ribelli - «romperebbe i vincoli con Iran e Hezbollah» e molto probabilmente anche con Hamas.
«Il Movimento di Resistenza Islamica deve alla Siria vent’anni di appoggio incondizionato ma oggi punta alla propria immagine, volendo apparire dal lato dell’opinione pubblica pan-Araba che critica il bagno di sangue commesso dal regime di Assad», continua la fonte palestinese.
Nonostante la smentita del portavoce dell’organizzazione islamica, Sami Abu Zuhri, secondo cui non ci saranno cambiamenti riguardanti la presenza dell’organizzazione in Siria, la notizia del voltafaccia al regime siriano sarebbe confermata dal divieto, posto da Hamas in alcuni campi profughi della Striscia, di manifestare appoggio al governo siriano, e dalle insistenti richieste di esponenti della leadership di Hamas a Gaza di prendere le distanze da Assad.
La notizia è giunta anche a Teheran, irritando i vertici politici e religiosi che, da quanto riferito dal diplomatico palestinese, starebbero facendo forti pressioni su Mashal per evitare che Hamas lasci la Siria, Paese a maggioranza sunnita ma retto dalla «dinastia» Assad, alawiti vicini all’Iran sciita. Hamas è di confessione sunnita, come l’opposizione siriana e la maggioranza del mondo arabo e islamico; ma faceva fronte comune con ayatollah, Hezbollah e Assad contro il nemico comune israeliano. E per il denaro.
Le autorità iraniane sarebbero arrivate al punto da minacciare Hamas di sospendere il trasferimento di armi e finanziamenti e la fine degli addestramenti congiunti tra combattenti palestinesi e soldati iraniani.
La notizia di una probabile fuga di Hamas dalla Siria è stata considerata anche da Israele, che dall’inizio delle rivolte segue con attenzione l’evolvere della situazione, ma l’attuale preoccupazione israeliana è rivolta soprattutto ai possibili testacoda di un regime siriano al crepuscolo.
ATTACCO A ISRAELE?
A rafforzare il timore degli israeliani è stato il test missilistico messo in atto dall’esercito siriano sabato scorso, quando alcuni missili Scud B sono stati lanciati nel deserto, nelle vicinanze del confine iracheno.
Shaul Mofaz, ex ministro della difesa e oggi Presidente della Commissione per gli Affari Esteri e la Difesa della Knesset, il parlamento israeliano, ha detto di temere che il presidente siriano Bashar al-Assad possa tentare un attacco contro Israele per distrarre l’attenzione del mondo dalle violenze in atto nel suo Paese. «Più il regime siriano si avvicina alla sua fine» - ha dichiarato «maggiore diventa la minaccia contro Israele».
Articolo di Alessandro Di Maio pubblicato dal quotidiano ‘Libero’ il 6 Dicembre 2011.