Ferma agli ormeggi la Flotilla libanese
Quasi tre mesi dopo i fatti accaduti sulla Navi Marmara, sembrerebbe fallita ancora prima di iniziare anche l’avventura della Mariam, Flotilla libanese organizzata da un drappello di organizzazioni filo-palestinesi con l’intento di rompere il blocco navale israeliano e giungere al porto di Gaza per fornire prodotti alimentari e medicinali alla popolazione locale.
La scorsa settimana la delegazione israeliana all’ONU si è lamentata direttamente con il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon per il disinteresse internazionale nei confronti della proliferazione del fenomeno delle ‘Freedom Flotillas’ ed in particolare della possibile imminente partenza di una Flotilla libanese diretta a Gaza.
“Tutti gli Stati della regione, siano essi con o senza formali relazioni diplomatiche con Israele, dovrebbero capire che queste navi sono negative per gli equilibri di tutta la regione mediorientale”, ha dichiarato lo scorso venerdì il Ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman.
Più duro il Ministro della Difesa il laburista Ehud Barak, che ha dissociato la questione umanitaria con il fine della Flotilla. “La nave che si sta preparando a salpare dal Libano ha il solo scopo di aiutare le organizzazioni terroristiche attive nella Striscia di Gaza. Se partirà - ha dichiarato il ministro - saremo costretti e fermarla e scortarla fino al porto di Ashdod”.
Dopo le lamentele e le proteste israeliane sono giunte le posizioni ufficiali di Beirut e Nicosia. Il governo libanese ha negato alla Mariam l’autorizzazione a salpare e navigare direttamente verso Gaza. Israele e Libano sono infatti due Stati nemici e belligeranti, e poiché la Striscia di Gaza e sottoposta al regime di controllo militare israeliano, la Mariam è obbligata a passare attraverso un terzo Paese - in questo caso Cipro - prima di entrare nelle acque territoriali palestinesi.
Ma da Cipro è giunto un altro no. Il governo cipriota ha fatto sapere la propria indisponibilità ad accogliere la Mariam. L’ambasciatore cipriota in Libano, Kyriacos Kouros, ha dichiarato: “Abbiamo deciso che quella nave non avrà l’autorizzazione necessaria per entrare nelle acque territoriali cipriote, e se giungerà in uno qualsiasi dei porti dell’isola i suoi passeggeri verranno deportati nei loro paesi d’origine”.
Il no cipriota ha rafforzato la decisione del governo libanese di non concedere l’autorizzazione a salpare. Ghazi Aridi, Ministro dei Trasporti libanese ha infatti affermato che “la nave non salperà, almeno fino a quando essa non otterrà dalle autorità di Nicosia l’autorizzazione ad entrare in territorio cipriota”.
Sponsorizza dall’organizzazione ‘Free Palestine Movement’ e dall’associazione libanese ‘Reporters without Bounds’, la Flotilla libanese sarebbe stata composta da due navi: la Mariam con circa 50 passeggeri, tutte attiviste donne libanesi; e la Julia, rinominata Naji al Ali in onore del più importante fumettista palestinese e anch’essa con circa 50 passeggeri, tutti giornalisti.
Secondo gli organizzatori, la Flotilla avrebbe dovuto lasciare il porto di Tripoli la scorsa domenica, carica di passeggeri e di prodotti alimentari e medicinali per la popolazione di Gaza, ma la mancanza delle autorizzazioni necessarie obbliga le due navi a rimanere ormeggiate a Tripoli e gli organizzatori a fare il dietro front mediatico.
Samar al-Hajj, famosa avvocato libanese e una delle organizzatrici della Flotilla ha dichiarato: “Al momento non partiamo. Stiamo lavorando per cercare un altro porto da cui salpare. Ci sono ostacoli, difficoltà, ma non ci scoraggeremo facilmente”.
La portavoce della nave Mariam, Rima Farah, ha invece dichiarato che “il viaggio non è stato cancellato, ma posticipato perché è la realtà delle cose che al momento ce lo impone”.
Negando l’autorizzazione a salpare, Beirut compie un gesto di distensione che va sommato alla legge recentemente approvata dal Parlamento libanese che garantirà un permesso di lavoro al mezzo milione di profughi palestinesi ancora presenti nel sud del Libano. Ciò, infatti, potrebbe costituire un possibile prologo alla naturalizzazione libanese dei profughi palestinesi che potrebbe trasformerebbe il diritto al ritorno in Palestina - uno degli ostacoli più importanti al processo di pace - in un diritto più formale che sostanziale.
Sono segnali positivi probabilmente attuati in vista della ripresa dei negoziati tra israeliani e palestinesi annunciati dal Segretario di Stato USA, Hillary Clinton, per il prossimo 2 Settembre a Washington D.C..
Articolo pubblicato su LaSpecula Magazine il 24 Agosto 2010.