Al National Press Club di Washington DC
Il 12 Marzo 1908 trentadue giornalisti americani si riunirono alla Camera di Commercio di Washington D.C. per discutere della nascita di un organizzazione per giornalisti americani. Pochi giorni dopo si diedero un proprio statuto e promisero di “promuovere la fruizione sociale tra i membri, coltivare il gusto letterario, favorire rapporti amichevoli tra i giornalisti, aiutare i membri in difficoltà e promuovere gli standard etici della professione”.
Da quel momento si riunirono periodicamente in luoghi precari e mutevoli, fino a quando nell’Agosto del 1927 venne inaugurato il National Press Building, il grattacielo al centro di Washington D.C. dove fu collocata la sede del National Press Club.
Dal 1932 il Club iniziò ad organizzare incontri annuali e ufficiali con capi di Stato, primi ministri, senatori, deputati e rappresentanti della cultura e dell’economia americana e internazionale. Nikita Krushev, la signora Chiang Kai Shek, Golda Meir, Indira Gandhi, Charles de Gaulle, Boris Yeltsin, Fidel Castro, Nelson Mandela, Yasser Arafat e il Dalai Lama sono solo alcune delle personalità politiche mondiali intervenute negli anni al National Press Club.
Quando insieme ai miei colleghi europei varcai la soglia del National Press Club era perché “l’organizzazione si riservava il piacere di ospitarci, offrirci il pranzo e metterci in contatto con un giornalista di grande esperienza e simpatia, George E. Condon Jr.”.
L’esterno del palazzo non si distingueva dagli edifici limitrofi, ma i suoi interni erano rivestiti di marmi colorati, il piano terra era attrezzato di boutique e addobbato da piante verdi rinfrescate da un piccolo ruscello artificiale che scorreva a ridosso del vetro degli ascensori.
Salimmo ad un piano con pareti vellutate di rosso a cui erano state appese fotografie e copertine di vecchi giornali e magazine che fecero la storia del giornalismo statunitense. I mobili erano in legno scuro, la luce gialla, le lampade verdi.
Donne in tajer e uomini in giacca a cravatta camminavano a passo svelto chiacchierando e ridendo tra loro. Altri rimanevano seduti alle proprie scrivanie scrivendo al computer, leggendo il giornale o prendendo appunti con matite gialle. In un angolo a lato di un tavolo apparecchiato, George E. Condon Jr. ci aspettava in piedi.
Il volto di George non mi era nuovo. Tra i cinquanta e sessant’anni, George vestiva una camicia azzurra spezzata da una cravatta gialla che si abbinava al rosso della pelle del viso. I capelli erano giallognoli, tra giallo, marrone e rosso. Era un uomo di bassa statura con la pancia di chi da tanti anni ha sostituito le regole della propria vita con quelle del giornalismo.
Dal 1984 George Condon è a capo del Copley News Service, uno degli otto più importanti sindacati dei giornalisti statunitensi. Presidente della White House Correspondents’ Association tra il 1993 e il 1994, dal 2005 al 2006 George ha ricoperto l’incarico di presidente della National Press Foundation. Nel 2006, insieme ad un gruppo di colleghi del giornale “The San Diego Union Tribune”, vinse il Premio Pulitzer per la categoria National Reporting.
Ascoltammo con attenzione i racconti di Condon. I nostri occhi guizzavano tra le pietanze nei nostri piatti, il viso e le mani di George. Ogni tanto ci guardavamo tra noi scambiandoci sorrisi e occhiate di incredulità sorpresa e complicità.
Parlammo delle elezioni presidenziali, del giornalismo statunitense e dei rapporti tra i presidenti degli ultimi anni e la stampa nazionale, ma ciò che più raccolse il nostro interesse fu il resoconto delle sue interviste presidenziali e della sua esperienza come giornalista inviato in ben 88 paesi. L’incontro fu totalmente informare,tutto off record.
Quando arrivò il momento di salutarci, George ci strinse la mano con energia consigliandoci di rispettare sempre una regola: “Siate sempre onesti, rispettando voi stessi e gli altri. Solo così diventerete grandi giornalisti”.
Tratto da “Diario di un giornalista per la prima volta ufficiale”
Italia e Stati Uniti d’America
Marzo-Maggio 2008
Questo post è stato pubblicato per la prima volta su Alexander Platz Blog il 20 Settembre 2009