02.01.2011 Alessandro Di Maio

21 anni sono buoni per andare a Barcelona

Mancavano pochi giorni al Natale. In quel periodo non facevo altro che sperare di evadere, scappare dal solito Natale, dalle noiose domeniche a non far nulla, dal solito paesaggio e dalle solite persone. Per questo motivo partì alla volta di Barcelona di Spagna.
Arrivai in aeroporto nel primo pomeriggio di un freddo giorno di Dicembre 2005. Silvia mi aspettava. Era una ragazza catalana, impegnata con me al giornale. All’uscita dello scalo prendemmo un autobus metropolitano che ci portò fino a Plaça de Catalunya, una grande piazza al centro della città da cui partiva la Rambla, la vera arteria cittadina.
Imparai da subito che quella strada pedonale divide in due la città vecchia. Da una parte quella turistica, dall’altra quella degli spacciatori di droga, delle puttane, degli edifici malridotti, insomma quella degli artisti.
Presi casa a Plaça d’Urquinaona, una piazzetta triangolare in pieno centro. Aveva una fontana da cui sgorgava acqua gelata. Ogni mattina mi ci avvicinavo e mi rilavavo il viso.
Apprezzai molto Barcelona, ma d'altronde come si fa a non amare una città che promuove come principali attrazioni turistiche dei fantasiosi palazzi costruiti da un uomo che disse che “la differenza tra me e un pazzo è che io non sono pazzo”? (vedi Antoni Gaudi).
Il porto e la Barceloneta mi ricordarono i film di Almodovar. La Rambla mi sembrò di proprietà di pensionati, turisti e travestiti, mentre le strette caratteristiche viuzze che si irradiano dalla Rambla principale permettono di immergersi nella storia.
Proprio in una di queste mi persi ritrovandomi in un atrio silenzioso e incantato. Al centro di esso stava una fontana pulitissima, attorno chiese e palazzi riempiti di buchi. Erano i fori della guerra civile, i fori della rappresaglia e delle fucilazioni.
Per chi ha studiato la Guerra Civile Spagnola o letto “Omaggio alla Catalogna” di George Orwell, camminare per le strade di Barcelona significa associare luoghi a date, numeri, nomi. E’ quello che capitò a me.
Salì sul castello che dall’alto del Montjuic guarda l’intera città. Lì, seduto una postazione antiaerea di periodo franchista, sfogliai la guida che mi ero portata dall’Italia. Essa mi spiegò che il castello prende il nome dalla montagna e che questa lo prende dagli ebrei. Il motivo lo si fa derivare dal tempo dei re cattolicissimi di Ferdinando e Isabella, quando la Spagna intraprese la cacciata o la conversione forzata di ebrei e musulmani.
In quel periodo, infatti, il monte era coperto da una fitta vegetazione di arbusti. Il bosco era così fitto e ampio che fungeva da rifugio per ladri, briganti e assassini. Quando la Spagna avviò il giro di vite contro gli ebrei, questi divennero dei fuorilegge e si rifugiarono nella foresta sul monte.
Anni dopo, quando della foresta non rimase più nulla e il monte costituiva un punto strategico, i borboni ci costruirono un forte e lo provvidero di cannoni puntati sia contro il mare ed eventuali forze nemiche esterne, che contro la città stessa, in caso di rivolte proletarie.
A Barcelona iniziai a leggere il quotidiano “La Vanguardia”, il quotidiano catalano più letto nella regione. Lo trovavo chiaro nelle edizioni in spagnolo, impossibile in quelle in catalano.
Con Silvia mi incontrai varie volte. Andammo a casa sua a conoscere i suoi genitori, passeggiamo per la città, mangiammo kebab come fossimo degli arabi, e parlammo con alcune delle tante prostitute e dei tanti tossici, molti dei quali italiani scappati chissà da quale vita per vivere e dormire per strada tra elemosina, droga e alcool.
A Barcelona scoprì l’esistenza del pane lassativo, piccoli pani di pasta bianca in grado di pulire lo stomaco e gli intestini in meno di tre ore; scoprì una piccola interessante tradizione accostata al presepio natalizio, ovvero il pastorello con le braghe abbassate in posizione defecale. A Barcelona scoprì un modo di vivere mediterraneo sì, ma diverso, più vivo, più metropolitano, più aperto rispetto a quello che avevo sperimentato in Italia e Sicilia.


Testo tratto da "Il terzo viaggio in terra spagnola"
Dicembre 2005 - Post pubblicato per la prima volta su Alexander Platz Blog il 29 Giugno 2007