Reportage: 1989-2009: venti anni senza Muro
Il mondo celebra il ventesimo anniversario del crollo del Muro di Berlino, uno dei più commoventi momenti collettivi degli ultimi anni, il primo grande avvenimento storico trasmesso in diretta televisiva in tutto il mondo. Il crollo del Muro e il successivo collasso di tutti i regimi comunisti dell’Europa Centro-Orientale ha allargato il panorama democratico del mondo non senza difficoltà, timori, dubbi e nostalgie.
Era il 9 Novembre 1989, il regime comunista della Repubblica Democratica Tedesca (DDR) vacillava da settimane sotto la pressione di migliaia di cittadini attratti dalle aperture di Michail Gorbačëv. Perestrojka e Glasnost - ristrutturazione e trasparenza – erano le parole d’ordine di una politica che allontanava Mosca dagli affari interni degli Stati del blocco orientale.
Qualche mese prima in Polonia si erano tenute le prime elezioni libere e il confine tra Ungheria e Austria, aperto e smilitarizzato dopo il celebre picnic paneuropeo, consentiva ai cittadini dell’est di giungere nella Germania Occidentale passando da Slovacchia, Ungheria e Austria.
Per calmare gli animi e allentare le tensioni, Egon Krenz succeduto ad Ottobre a Erich Honecker nella carica di Presidente della Germania Democratica - emanò leggi che concessero una limitata e controllata libertà di circolazione tra Est e Ovest; e il 9 Novembre 1989, alle ore 18:53, quasi al temine della conferenza stampa con cui il Ministro della Propaganda, Günter Schabowski, informò la stampa dei provvedimenti legislativi presi, il corrispondente dell’agenzia stampa ANSA a Berlino, Riccardo Ehrman, si alzò chiedendo al ministro da quando i nuovi provvedimenti sarebbero stati in vigore e da quando le restrizioni sarebbero state tolte.
Colto impreparato dalla domanda, il ministro si guardò attorno cercando una risposta o un suggerimento dai suoi collaboratori. Rimasto solo rispose: “per quanto ne so, anche adesso”. Ehrman corse in ufficio e lanciò una breve notizia Ansa: “un annuncio - scrisse - che equivale alla caduta del Muro di Berlino è stato dato questa sera dal governo”.
Un paio d'ore dopo le Trabant attraversavano da Est a Ovest i check-point chiusi da quasi trent'anni. Il Muro iniziava a sbriciolarsi e, in piena festa, iniziava l' era post-comunista.
In un articolo recentemente pubblicato dal quotidiano francese Libération, lo scrittore polacco Andrzej Stasiuk ha scritto: “Già vent’anni senza Muro? Non li ho visti passare. Dal mio villaggio nei Carpazi, vicino alla frontiera slovacca, non riesco a vedere un momento cruciale, un cambiamento netto con il passato. La gente aspettava qualcosa, ma non credeva che sarebbe successo davvero. E anche se fosse successo, tutto sarebbe potuto tornare come prima”.
Ed invece il cambiamento arrivò davvero, toccando non soltanto le grandi capitali e le città industriali ma anche i più lontani paesini della compagna dell’Europa centro-orientale. Svidník ne è un esempio. E’ una cittadina della Slovacchia nord-orientale di poche migliaia di abitanti e dall’aspetto del tipico centro urbano socialista.
“Dal cambio di regime ci siamo sempre sentiti poco moderni e per questo ci siamo vergognati del nostro passato – dice Daniel, professore di storia – ma l’ingresso nell’Unione Europea avvenuto nel 2004 ci ha restituito la nostra storia e cultura europea, permettendoci di coltivare le nostre tradizioni all’interno di un quadro di sviluppo economico e geopolitico che vede la Slovacchia come ponte verso l’Ucraina”.
Ma a Svidník, come in tutti i paesi dell’ex blocco comunista, non tutti la pensano così. Se Bruxelles plaude la ratifica del Trattato di Lisbona da parte di tutti i paesi UE, sempre più sono i cittadini delusi dall’operato delle istituzioni europee, soprattutto in Europa Orientale dove più bassa è stata la partecipazione alle ultime elezioni dell’Europarlamento e dove crescono inarrestabili i partiti radicali di ogni orientamento politico.
In alcuni Länder tedeschi la Die Linke, il partito di sinistra più importante del paese, ha superato il 20% delle preferenze, diventando il secondo partito più grande dopo la CDU. A livello nazionale è al quarto posto con il 12 % dei voti totali.
Contemporaneamente in tutte le regioni dell’ex DDR cresce un sentimento strano identificato con il neologismo tedesco 'Ostalgie' - Ost (est) e Nostalgie (nostalgia) – da pochi anni italianizzato in Ostalgia ed entrato a far parte della lingua italiana.
“Per Ostalgia s’intende quella particolare nostalgia per lo stile di vita della Germania Orientale”, afferma Maria, studentessa di medicina nata venticinque anni fa in una cittadina a pochi chilometri da Berlino. “E’ un sentimento strano che colpisce non soltanto chi ha vissuto in quella realtà, ma anche i più giovani che ne hanno un ricordo sbiadito o quelli nati dopo il crollo del Muro”. Ostalgico è anche Ningfeng Zhang, un giovane grafico cinese che vive in Germania e che si è fatto conoscere dal mondo del web per la pubblicazione (su Flickr e poi su YouTube) dei poster propagandistici da lui progettati – su chiaro stile socialista – per i 60 anni della DDR (1949-2009).
“La mia è una particolare forma di ostalgia. Non sono tedesco ma cinese e se sento la mancanza di un mondo che non ho mai vissuto è grazie al film ‘Goodbye Lenin’ che mi ha avvicinato al mondo degli ex regimi comunisti europei facendomi capire quanto fossero simili a quello cinese in cui io sono nato e cresciuto. Quando paragono la gioventù di allora con quella di adesso – continua Zhang – io preferisco quella della DDR che invece di pensare solamente a come divertirsi o andare a letto con una ragazza, pensavano a come poter migliorare le proprie conoscenze e metterle al servizio della comunità”.
La caduta del Muro di Berlino ed il collasso del mondo socialista costituirono momenti di euforia collettiva. Dopo anni di regimi autoritari a partito unico ci si aspettava libertà e ricchezza. “Eravamo eccitati all’idea di poter godere non soltanto delle libertà politiche ed economiche ma anche dei beni materiali che faticavamo ad avere durante la DDR, così – continua Carl-Ludwig, 54 anni operaio tessile di Lipsia - buttavamo tutto senza pensarci due volte, comprando i prodotti di ogni tipo e provenienza che inondarono il mercato dell’est”.
“Comprammo tanto in quei mesi – aggiunge Dorota, moglie di Carl-Ludwig - ma quando l’azienda statale presso la quale lavoravamo chiuse non riuscimmo più a comprare nemmeno da mangiare”.
I ricordi del vecchio regime scomparvero rapidamente sotto i colpi del capitalismo trionfante “fino a quando fu chiaro che non si stava attuando la riunificazione delle due Germanie ma la conquista della Germania Orientale da parte di quella Occidentale”, afferma Daniel, studente di Sociologia all’Università Humboldt di Berlino.
“I pesi erano sbilanciati, l’ovest aveva ragione, l’est torto. All’ovest non bisognava cambiare nulla, all’est tutto. Gli uni erano i maestri, gli altri gli scolari”, dichiara in un intervista Wolfgang Thierse, ex Presidente della Bundestag, la Camera dei Deputati tedeschi.
Non tutti i cittadini dell’ex Germania dell’est si sono ritrovati contenti nel mondo capitalistico e democratico, non tutti erano favorevoli alla riunificazione perché come aggiunto dall’ex presidente Thierse “la DDR non fu soltanto una dittatura e un malgoverno, ma anche una società in cui c’era molta solidarietà, un luogo in cui si viveva umanamente. Il denaro non giocava un grande ruolo perché la differenza tra gli stipendi era veramente piccola e non si giudicavano gli uomini in base allo stipendio”.
A vent’anni dal crollo del Muro di Berlino, la Germania e il mondo sono cambiati. L’esperienza del socialismo reale è stata messa in soffitta ed esclusa a priori, la democrazia, limitata dalle ingerenze dalle oligarchie capitaliste, stenta a migliorarsi, e quello che il filosofo tedesco Peter Sloterdijk ha definito “capitalismo dai valori asiatici” - cioè quel sistema capitalistico che ha rotto i legami con la democrazia e che è nato a Singapore – ha preso il volo spinto dal populismo che accomuna molti governi.
Reportage pubblicato su LaSpecula il 9 Novembre 2009.